Se fossimo tutti un po' più solitari... spesso si valuta una persona dal numero di individui che frequenta. Si cerca la visibilità a tutti i costi per colmare i vuoti e spesso lo scotto da pagare lascia fiaccati.
Si ha tanta paura oggi di rimanere con sé stessi. Se non c'è dialogo con la propria anima, come lo si potrebbe aspettare stando con gli altri? Ecco il significato del treno e delle lunghe attese di cui si lasciano tracce, stampe indelebili alle stazioni.
Un tempo si lasciava una scia di profumo, una traccia vera dietro di sé che si perpetuava non prima di aver raggiunto un'anima. Oggi seminiamo tracce di insensatezza e di pessimo gusto per giunta. E non solo in riferimento all'incuria dell'ambiente, a cicche e fazzolettini disseminati di qua e di là. Il rumore spiazza e spezza. È violenza che fa sbalzare il cuore, insieme all'insensatezza di una volgarità che richiama attenzione. Vogliamo a tutti i costi renderci presenti, deragliando nella folla in ostentazioni fin troppo partecipate. Se ritornassimo all'eco smussata della solitudine come scelta e non come beffa della vita, quanto riacquisiremmo di noi! Saremmo sobri e delicati come farfalle che muovono l'aria. Tutto assumerebbe le sfumature di una danza lieve. Una danza che non scompone ma che si farebbe omaggio a chi alzasse lo sguardo e c'incrociasse per caso, rendendosi visita che bussa o che ritorna a casa dal confine di un istante.