La vita ci parla per associazioni simboliche che ci riconducono a un alveo di gioiosa familiarità. La gioia è rappresentata dall'infanzia, età della spensieratezza. La gioia è l'infanzia, nell'entusiasmo della scoperta impariamo cose nuove.
È nella gioia che si svolge il teatro della conoscenza. Questo imparare che è festa, è anche condivisione con tutti gli aspetti della vita. La stanchezza che sopraggiunge poi è il freno al fermento della gioia che ci porta ad assaporare la vita.
Condivisione è ritrovarsi in tutte le esperienze che annoverano gli aspetti belli della vita e ci portano a crescere. Ci si accorge di essere cresciuti quando quanto vissuto in una voracità dispersiva si ritrova nell'anima che racchiude il nostro microcosmo. Questo riassume in se' le esperienze da noi attraversate e che ci hanno attraversato e che permanendo nel cuore lo hanno arricchito. Come la conoscenza diviene frenetica concretizzata nei luoghi dell'infanzia, così chi scegliamo come compagno di vita diviene sintesi geografica dei luoghi accarezzati e poi sfuggiti nella crescita.
Allora lecita è la domanda: siamo noi a smarrire o è la vita a chiamarci a questo, affinché ritroviamo sotto le spoglie di una nuova casa quanto ritenuto perduto? L'altro a cui ci uniamo diviene molto più di un luogo tangibile. Il tetto delle promesse disincantate e che noi abbiamo tradito, si rende il tetto di un abbraccio che ci contiene, con cui facciamo ritorno alla patria da noi e dal nostro tempo negata.