Prima si soffre e poi s'impara. La sofferenza è legata allo scontro con la realtà dei nostri desideri che vanno in caduta libera. Questo è quanto tutti riteniamo accada, sorvolando sul fatto che anche la luce ha la sua gabbia.
Immaginiamo la luce sede dell'Assoluto che lì impera nella sua vastità senza ombre, basandoci sul fatto che ad esempio il sole non ha le sue ombre. Così non è. Anche il sole ha le sue zone oscure che corrispondono alle sue macchie. Inevitabilmente tutto quanto venga accostato a un concetto di forma o abbia una forma, presenta le sue ombre.
L'ombra è una necessità sviluppata da noi per comprendere l'Essere.
E così sviluppiamo una idea del Paradiso che sia la più lontana possibile da ombre e dal regno del mistero, pur restando aggrappati all'idea che il Paradiso sia esso stesso il luogo del mistero.
Da dove ci proviene questa convinzione?
Sicuramente dall'idea del passaggio dalla morte alla vita non sperimentabile in questa dimensione. La luce del Paradiso pertanto non potrebbe essere che il prodotto di uno stato interiore, il nostro, legato a condizioni di pace e beatitudine, in quanto svincolato dalla forma materica. L'ombra quindi è l'idea che noi poiettiamo sul Paradiso associandolo a luogo di luce. A seguito di ciò, l'ombra non è che l'idea da noi sviluppata per rendere possibile nella realtà quanto avvertiamo dentro di noi e non è sperimentabile in questa dimensione. Ogni associazione col mistero dell'aldilà non potrebbe che annebbiare la realtà di luce che noi crediamo esso sia. L'ombra è quindi il riflesso della luce per come appare a noi correntemente in questo stato di forme. Se per Platone e il Neoplatonismo l'idea è sviluppo della luce e sua realizzazione in quanto discendente da un mondo superiore e demiurgico, grazie alle investigazioni del Novecento in ambito fisico e alla scoperta o meglio, riscoperta della Fisica Quantistica, siamo riusciti ad entrare in ciò che è nelle infinitesimali realtà e in quelle realtà a noi superiori che ancora liberamente non ci è dato indagare, poiché ascrivibili alla concezione di luce e tenebra.
La luce ha anch'essa una sua forma, così la tenebra e queste loro forme sono distanti da come appaiono a noi in relazione alla costituzione della nostra coscienza. L'ombra nella valle della nostra forma che è coscienza e subcoscienza insieme, è l'impronta di un qualcosa di assolutamente vivo che alberga oltre e che non riusciamo a configurare. Le nebbie che circondano e proteggono il luogo della luce quale ad esempio Avalon, non sono che necessarie a rafforzare in noi la presenza di un piano superiore che, per quanto possiamo tendervi non riusciamo a raggiungere. Più ci accistiamo ad esso e tanto più esso ci sfugge. Le tenebre allora non sono che lo sviluppo mentale di questa distanza incolmabile dal luogo non luogo a cui non può corrispondere alcuna forma, così come il luogo della luce non può essere la sede di ogni forma perché è lì che dimora l'Essere.
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