Se ripenso a tutta la bellezza incontrata e vissuta, allora sorrido e mi viene voglia di continuare a vivere. Grazie anche alla musica che ricordo e mi parla ancora.
La musica... in questo clima di gravità assoluta, mi porta a credere che forse c'è ancora tempo per la montagna del silenzio, e intanto tante funi saranno tessute e intrecciate per armarsi e procedere verso la salita. La musica è condivisione e non mi fa sentire sola. È l'abbraccio degli astri che mai nessuno potrà estinguere nella memoria del petto sensibile. Forse è proprio questo che i nostri padri greci volevano a distanza di tempo suggerirci, parlando degli astri e dei loro magici disegni compiuti negli spostamenti. Quei meravigliosi disegni, o meglio, calchi della luce nell'inchiostro del vuoto che nel firmamento compaiono, sono un linguaggio che noi traduciamo in note. Sono il Verbo del silenzio a variazioni di intensità e gravità che producono il nostro concetto di armonia, senza dubbio proiezione verso lo sviluppo dell'anima in tonalità sempre più alte. È un ritrovarsi in alto, al contrario della dispersione che è un precipitare senza salvezza.
La musica è percezione di sé e proiezione in alto, nella volta di accoglienza, quando ci si sente persi. È la ricerca tra i mutamenti ciclici del cielo, della nostra ala perduta e che ricompone il nostro cuore primordiale. Perché noi siamo stati musica e comprendiamo ciò che abbiamo conosciuto e la nostra vasta identità, prima di smarrirci per le vie del mondo incarnato. E la musica ci salva in quanto impronta dei mondi siderali e galattici che abbiamo lasciato. La musica ci salva perché noi nascendo e sviluppando la consapevolezza non più sul piano di astrazione come idea, l'abbiamo salvata precipitandola in noi.
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