Le parole sono sguardi, anime con una direzione e un compito ben preciso. Semi per partire o con cui subire. Inclinano e determinano. Le parole scatenano impulsi e esercitano influssi, e sono una moltitudine di generazioni.
Un esercito sveglio. Difatti, "parole" e "prole" sono etimi provenienti dalla medesima radice e sono marchiate dallo stesso significato che esprime la necessità di creare e dare vita al nuovo e al cambiamento. Le parole divengono arte e sono bacio a seconda di come vengono usate, ma hanno un respiro innato che con violenza anche inconsapevole viene trasgredito. Nei nomi le parole esprimono il massimo della loro potenza e chi proferisce il nome, se ne appropria, privandolo delle sue ali in quanto entità. È in questo la valenza della lettera N che ritroviamo in "nume" come in "nome" e per traslato in "uomo" che la indossa come conquista. L'uomo è un derivato di Dio e attraverso il nome a lui risale. Il nome è la parola. Distanza e avvicinamento all'essenza. Il nome dell'amato pronunciato dall'amante nella sua accezione originaria ossia di colui che ama, è doppiamente sacro e si trasforma in bacio ovvero, in riconoscimento della reciproca sacralità. Diviene così, giuramento di riconduzione all'integrità primordiale.
Che cos'è la famosa "parola perduta" se non il nome che si traduce nel verbo della Creazione che reca in tutte le cose l'impronta di Dio? Dio creando crea se stesso e l'atto creativo per eccellenza è quello d'amore, l'agente con cui Dio si muove nella gabbia spaziotemporale con la leggerezza delle sue ali. Parimenti è il mezzo con cui l'uomo muovendosi nel reticolato prestabilito, si libera di se stesso ricreandosi. Dio per amore si fa uomo e perde le ali, al contrario l'uomo attraverso l'atto creativo erotico o artistico che sia, si libera di se stesso e conquista le ali divine. In entrambe le operazioni c'è il Sacro, così come il Sacro si compie per tramite della pronuncia della parola nel momento in cui dentro di noi è sveglia la consapevolezza che essa è azione e determinismo.