Il Natale è il tempo del riavvicinamento, della preghiera e della poesia.

Non è un caso che si festeggi dopo il giorno più corto dell'anno e che con la luce nuova ciò che abbiamo nutrito nell'anima germogli per aprirsi agli altri. Gli altri sono la dimensione della luce e il mondo ha una sua energia che accoglie o respinge. Nessuna pianta vive se continua a rimanere nelle tenebre del suo seme. La vita in sé è apertura. Ma la luce che guadagniamo durante l'apertura dev'essere benigna, così la presenza degli altri. Nel Vangelo troviamo che l'erba maligna, la gramigna va eliminata durante la selezione del raccolto fatto, altrimenti lo distrugge. Se ci accogliamo e raccogliamo accomunati dallo stesso sentire, viviamo l'esperienza del Simbolo, altrimenti del "diabolo" da cui "diavolo", ossia "che divide".
La lingua in passato era Simbolo o Runa, la seconda: emissione diretta di Dio. "Dio è in mezzo a noi". Col Natale impariamo l'esperienza dell'Emmanuele, Gesù, venuto al Mondo. Gesù è qui nella traslazione corporea della Parola e della Luce che troviamo all'inizio dell'attività di Dio nel Creato. Gesù pertanto è il vecchio principio che si riafferma. È la nuova torre di Babele che però non si disgrega e parla la lingua della sua Parola. La parola del mercante con Lui muore e si afferma la dimensione della Luce che aggrega e induce a fiorire scavalcando la vita del mondo empirico.