Chi attinge il latte dalla madre è egli stesso parte della sua unicità universale. Il colore dell'incarnato del figlioletto che in questa superlativa opera di Guido Reni succhia il latte dalla figura materna, è lo stesso. Essi sono difatti un corpo unico.
Attraverso l'arte figurativa ciò che è ordinario acquisisce un taglio universale e la forma inevitabilmente diviene icona. Il taglio orizzontale dell'insieme presente nell'opera acquisisce uno slancio verticale che la universalizza e pertanto conferisce all'esecuzione quella aura metafisica. Il corpo ascende e ciò viene suggerito dall'unico blocco della pietra su cui va a incidere lo scultore. Dalla pietra non levigata emerge poi il tronco su cui va a lavorare lo scalpello dell'artista. In questo albero e roccia mostrano una contiguità plastica che conferisce ulteriore sacralità all'opera stessa. La dimensione sacra è già nella materia e sta alla qualità spirituale e manuale dell'artista tirarla fuori. Lo stesso Michelangelo espresse a proposito delle sue sculture di aver liberato dal blocco la forma. Nel visibile c'è traccia dell'invisibile che permea tutte le cose e l'artista è l'artigiano, ossia colui che s'incammina sul percorso della verità attraverso il lavoro che gli richiama l'opera. Questa è quindi traslazione visiva del cammino spirituale e altresì manuale dell'artista artigiano.
"Artigiano" è una parola composta da "ars-artis" che contiene la radice etimologica della parola "verità" e "giano" da "eo-is-ivi-itum-ire": paradigma del verbo "andare".
A prescindere che l'artista sia animato o meno da profonda fede, lo slancio verso l'Assoluto è in lui e in lui la corrente energetica che lo pone in simbiosi con il Creatore del Mondo. La consapevolezza è altro. È quanto noi acquisiamo e riscontriamo nell'artista attraverso la scansione visiva dell'opera. La corporazione medioevale che affraternava gli aderenti allo stesso mestiere, non è quanto noi immaginiamo. Non era una struttura fredda di tutela, ma un luogo fertile di scambio di elaborazioni e concetti e di favori legati a utenze e mecenati. Le corporazioni erano vere e proprie famiglie estese dove spesso maturavano conflitti ma anche fioriture artistiche. La sana competitività era spesso rovinata dall'intromissione di interessi legati alla risonanza fruttifera del mecenate. Il servilismo e la sudditanza riguardo al prestigioso committente influiva sulla lavorazione dell'opera che andava eseguita secondo la richiesta del committente. Al genio il compito di aggiungervi il carattere e la propria impronta sempre in linea con la richiesta ricevuta. La magia è in quel particolare velato o nascosto dal genio, impresso nell'opera e che è sfuggito agli addetti ai lavori del suo tempo e alla committenza, estendendo il carattere enigmatico dell'opera ben oltre il suo tempo. È quanto noi riscontriamo nelle opere di Leonardo, in particolare nella Gioconda e nell'Ultima cena che mai finiranno di comunicarci e di trasfonderci nuove emozioni, tacendo i loro enigmi indecifrabili.