Quale la differenza che distingue i simboli dalle immagini? I primi sono veri ma non realistici, le seconde sono realistiche ma non vere.
Sembra un gioco di parole sterili ma non lo è. In una società come la nostra, governata dal probabile, il simbolo non trova la sua debita collocazione. La narrativa oggigiorno oscilla tra la convinzione comune e l'imposizione alquanto lontana dalla radice delle cose. Quanto più una società si allontana dal Simbolo, tanto più appare fragile. Lo vediamo. La parola ha perso la sua autorevolezza che la legava al Logos e al Verbo primordiale scendendo a un livello di pura propaganda basata su un'operazione meschina di convincimento. La dialettica è diventata motivo di offesa tra le parti e ad andarci di mezzo sono i cittadini offuscati da un finto ragionamento che ha l'obiettivo di avvalorare un'unica tesi.
In questo assetto di cose ogni intervento perde di veridicità. Con i talk show televisivi si è messo in atto un processo degenerativo della Parola e del Linguaggio che ha portato a quanto vediamo.
La Parola dovrebbe recuperare il suo senso intrinseco, il suo potere primordiale che ha forgiato le grandi civiltà del passato e sta alle istituzioni religiose compiere l'operazione di ritorno.
Una volta interrotta la ciclicità del mito anche la tragedia non è più un tassello della cultura umana. La tragedia è figlia del mito e nasce come difesa dell'Uomo nella sua decadenza affinché non si estinguano i Suoi attributi capitali. Oggi viviamo non in un tempo sospeso come molti intendono, bensì in un tempo fuori da ogni ciclicità. È il tempo della ragione e non del cuore che sta preparando il salto nel buio, una sorpresa per tutti a cui nessuno si sente adeguato.