Nel tempo dimentichiamo anche noi stessi, chi e cosa eravamo. Dimentichiamo l'aria che ci appartiene e diventiamo pesanti, ingolfati da una finta pienezza che in realtà è concretezza. Si dimentica il volto bambino e la natura prende altre strade in noi, lontane da quegli orizzonti alle nostre spalle divenuti cenere.
Eppure un'impronta resta. L'impronta della vita stessa che non ha più fame e si adagia trafitta, affaticata, delusa sulle cose che non si rassegnano a cedere.
Aria tra le braccia
Si ritorna radice.
La stretta dell'aria tra i rami.
Due braccia che diventano infinite
per gli abbracci mancati.
Ci riempiamo d'aria,
dimenticando che l'aria ci nutre
e che il sole irraggia attraversando
gli spazi vuoti.
Dimentichiamo le stanze piene
di vita vissuta.
Lo smalto sulle dita
e le ossa per arrivare a chi siamo.
Ma la pesantezza che si fa largo e ci riempie,
è il respiro del tronco cadente,
il busto di una stella sommersa,
attorcigliata nel vello della terra.
Ippolita Sicoli