Il popolo ebraico ha sempre sorpreso per la tenacia con cui ha cercato di conquistare la propria identità in relazione al territorio.
Anticamente, in base anche a quanto ci trasmette uno studio attento della Bibbia, un popolo era da considerarsi tale se padrone di un territorio, in un’epoca in cui il concetto illuminato di nazione non era presente neanche in forma astratta. È il popolo a costituire il concetto di dominio e dal dominio scaturisce il senso di proprietà che a sua volta sì esprime attraverso il concetto di cultura. Non è un caso che i termini coltura e cultura si appartengano e si siano sviluppati a partire da una radice comune. Chi coltiva è stanziale, e in un popolo nomade la cultura non può che essere assimilazione e confronto con altre civiltà.
Questi due concetti nel popolo giudaico israelita hanno sempre avuto come controparte il rapporto col Dio unico che, a differenza del pantheon politeistico, riflesso di vizi e virtù umani, nonché portavoce dei misteri dell'universo e della condizione umana, non riflette bensì sì riflette nel popolo eletto, ossia scelto a seguire le proprie orme. Il concetto di perfezione trova qui quindi un mortificante adempimento tramite vie punitive che se da un lato tendono ad ammansire il popolo, dall'altro minano l'entusiatico e autentico trasporto fideistico di questo sul piano emotivo. Il popolo ebraico si muove all'insegna dell’ubbidienza, quasi egli fosse la scacchiera mobile di un Dio che concede se riceve. Questo meccanismo non ha più nulla di intima religiosità e con la figura dei patriarchi ha rafforzato nel popolo ebraico il senso di comunità, rendendolo potente e inespugnabile. Il popolo di Dio e’ compatto e da questa compattezza ha tratto la sua forza che, come la storia c’insegna, e’ diventata motivo di distinzione in negativo rispetto alle altre civiltà in cui l'appartenenza identitaria alla propria cultura si affievolisce con la dispersione in territori straneri.
La cultura occidentale rappresentata dal popolo germanico, in cui ha resistito il background pagano, ha risposto male al muro identitario del popolo ebraico, e l'olocausto ne è l’esempio. Il martirio di un popolo, quello ebraico, ha però adombrato nella sua inequivocabile atrocità le pesanti forme di repressione punitiva a cui sono stati sottoposti i Tedeschi dissidenti che non hanno appoggiato la follia di Hitler. L’ombra dell’avvelenamento ancora oggi balena dietro la morte dell'esoterista teosofo R. Steiner i cui insegnamenti furono banditi, mentre il caso Schindler che ha ispirato il celebre film Schindler's list spiega le condizioni di forte disagio in cui si trovarono coloro che si rifiutarono di applicare le leggi xenofobe di Hitler e offrirono riparo e protezione agli Ebrei.
La dittatura di un uomo acclamato da una moltitudine diviene spettro di atrocità anche per il suo stesso popolo, e forse, riflettendo su questo punto, scopriamo che la storia ha qualcos'altro da rivelarci e a cui educarci per un futuro senza vergognose nefandezze.