Siamo ancora alle prime battute e Sanremo già fa parlare di sé. Il Festival si riconferma ancora una volta la kermesse di scandali e schermaglie, posizionando agli ultimi gradini la qualità della musica.
Un Festival che ancora una volta si propone di voler seguire l'onda dei tempi allineandosi ai format della TV occidentale dei clamori fatui e delle discussioni che sul punto di finire in tribunale si estinguono come niente. E che fosse un Festival ben strutturato sui principi odierni lo dimostra la valletta Chiara Ferragni, imprenditrice di successo conquistato grazie ai social come influencer, che ha esibito uno striscione sul retro della sua sciccosa stola. Una donna che indossa Dior e lo manifesta attraverso uno striscione è tutto fuorché libera. Abbiamo bisogno di contenuti oggi, non di slogan che sembrano comprati e a caro prezzo sulla pelle di cittadini e ultimi. Una sberla alla dignità delle persone sempre più assente di edizione in edizione, dove prevalgono battute anche offensive verso la tradizione che si autoridicolizza a iniziare dai veterani. Domina la ridicolaggine fine a sé stessa, che nasconde i tristi scenari di chi acconsente al giro di giostra pur di ottenere ancora uno straccio di notorietà o banalmente per apparire al passo coi tempi.
Il Festival ormai si aggiudica il titolo di lanciatore di nuovi stereotipi o semplicemente di consolidatore di stramberie che vogliono orientarci verso nuovi modi di essere sempre più allusivi e distanti da ogni serio proposito formativo. L'inizio elevato, seppur con una stravagante Oxa in black che ha messo in campo le sue eccellenti doti canore e poi, via via a scivolare dal nero al Blanco sempre più cassa di risonanza dei motteggiamenti alla Damiano dei Maneskin.
Non è mancato l'intervento di Benigni sulla Costituzione, un inno diretto a Mattarella che con i nostri governanti ha dimostrato di avere amato così tanto la Costituzione da sospenderla in più di una occasione, e per l'accoglienza e per la pandemia. Al discorso sulla Costituzione si aggiunga la collocazione inappropriata dell'intonazione corale dell'Inno Nazionale che ormai risulta deprivato di ogni significativa evocazione.
Ci hanno risparmiato la presenza di Zelensky e del suo patriottismo circense e in cambio di una serie di proposte che di certo non omaggiano i 75 anni di vita della nostra Costituzione. Un Festival, Sanremo, che con la presenza del Presidente Mattarella si aggiudicherà la posizione di festival politico. Questo in una Italia in cui la politica è ormai distante da ogni riferimento a seri principi ed è ridotta a una fiera in cui ognuno mette in campo l'illusorietà di questa epoca. Buona visione dunque. La prima serata è ormai andata, non ci resta che piangere su quanto da tutti passivamente accettato.