La Carra', lezioni di stile da un'Italia in bianco e nero
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La Carra', lezioni di stile da un'Italia in bianco e nero

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La Carrà, lezioni di stile da un'Italia in bianco e nero
La Carrà, lezioni di stile da un'Italia in bianco e nero

  

C'era Mina, c'era la Pavone e c'era la Carrà. Era l'Italia di un tempo neanche troppo lontano ma con la tivù in bianco e nero. Erano anni quelli in cui sembrava ci fosse posto per tutti o comunque, c'era abbastanza volontà per creare e dare vita a storie e a emozioni diverse, perché si sapeva raccontare. Era il pubblico a stabilire chi meritava e chi meno. Perché all'epoca la politica era ancora qualcosa di troppo lontano dalle trasmissioni televisive evasive ma neanche tanto.

La Carrà ma non solo lei. La Carrà è solo lei. Sembra un paradosso, una contraddizione senza sbocchi, eppure per chi ha vissuto gli anni SessantaSettanta e poi Ottanta e poi Novanta, può comprendere cosa significhi un volto che si fa spazio senza togliere agli altri, nonostante sia unico ed esprima la sua unicità. Non che agli esordi della Carraà non vi fossero intrighi, sgambettamenti e quanto altro. Ma a differenza di oggi c'era la consapevolezza che la differenza sul piano della qualità eleva e non stanca.

C'erano le vallette di Mike, c'era la Mondaini e c'era la Carrà, una donna non di particolare bellezza e piuttosto minuta, ma che ha saputo puntare innanzitutto sulla sua intelligenza e poi sul corpo e che ha fatto della comunicazione la sua ragione di vita. La sua prerogativa è stata fare e trasmettere agli altri e a tutti indifferentemente dalle fasce di età sensualità, allegria, mai volgarità, in un tempo in cui la trasgressione non era ammessa e se volevi provare ad essere trasgressivo, dovevi giocare di astuzia e di una sana astuzia, È così che la Carrà ha saputo incantare e far cantare e ballare, avvicinando tutti ai sogni dello schermo. In primo luogo, avvicinandosi lei, Signora della tivù, agli Italiani di ogni fascia e di più Italie che tramite lei si ritrovavano. E così il tuca tuca è diventato un ballo giochetto che ha fatto crescere generazioni di ragazzine e la canzone "Quanto è bello far l'amore da Trieste in giù" rimarrà nella memoria un motivo fresco ed estivo, ancora in voga nei lidi vacanzieri e sempre riproposto da dj esperti del mixaggio. Era questo che la Carrà voleva e come obiettivo l'ha raggiunto, lavorando su se stessa e sulla propria immagine e sul proprio corpo, facendo passare il messaggio che se si hanno delle idee in testa, non si conoscono limiti. Questo in un tempo in cui la televisione era comunicativa e formativa e le campagne femministe erano ricche di contenuti.

Ci ha dato tanto la Carrà e le è stato possibile perché altro rispetto a quello che ci mostra oggi, era la televisione italiana. Si lavorava tanto e con impegno su se stessi, potenziando le innate attitudini. C'erano competenze e professionalità. Si era tante cose in un solo corpo e tutte si manifestavano sotto la stessa e distintiva genialità. Un altro mondo più che un'altra epoca, rispetto a quello che conosciamo. Erano tempi in cui le donne mostravano oltre al corpo uno o più cervelli e di sapersi relazionare ai produttori dei programmi televisivi senza esserne succubi o schiave. Erano emancipate le signore della tivù di un tempo e la Carrà, empatica, allegra e sanguigna soubrette e ballerina, cantante e conduttrice di programma. affabile e attenta ai sentimenti e alle storie altrui, non allo scopo di ricamarci sopra e farci gossip o peggio, speculare e incassare il boom d'ascolti. Semplicemente per affidare un ruolo sensato alla televisione perché non fosse solo intrattenimento puerile. E così Canzonissima, Pronto Raffaella e Carramba che sorpresa, tre programmi diversi con obiettivi diversi che hanno dimostrato allora e continuano a farlo che si può essere propositivi nell'originalità, senza smorzarsi o risultare opachi.

Che eredità lascia alle nuove generazioni la Carrà? Quali insegnamenti in un mondo che va modificandosi sempre più in fretta ed è incapace di conservare principi e fedeltà? In un mondo che va sempre più scontrandosi col deserto e che in televisione ripropone la confusione che semina e mette sul campo?

È venuta a mancare oggi Raffaella, a 78 anni, una donna e una professionista. Una signora  coerente con le proprie scelte private e professionali, che ha saputo fino in fondo condividere il proprio programma esistenziale con chi ha riconosciuto e apprezzato il suo valore e lo ha portato alla ribalta. Con Sergio japino Raffaella ha costruito vita e carriera in virtù di una profonda condivisione che andava oltre lo schermo. Anche per questo la ricorderemo e con profonda ammirazione, perché lontana anni luce dalle soubrettes attuali che, a parte l'avvenenza e qualche smorfia di troppo, mancano di ttanto e forse di tutto. Di professionalità e di quella grinta volitiva che le faccia emergere e tenere sullo schermo per anni. In un mondo che va sempre più alla deriva rispetto a competenze e specialità, le attuali soubrettes sono per lo più donne da comparsata, incapaci di costruire una narrazione interiore e di trasporla agli altri. Sono donne in bilico che hanno bisogno del tronista di grido o del matrimonio col calciatore per non sparire. È il mondo della televisione di oggi tutta a colori. Un tempo non c'era niente e si viveva di tanto. In un'Italia che sui due colori del bianco e del nero ha tracciato più alfabeti e intessuto storie ed emozioni. Prima, quando si diceva che non ci fosse niente, la televisione formava divertendo. Allora c'era la Carrà. Oggi non c'è nulla e la televisione spesso rimanda caroselli di trasmissioni passate. Quest'anno abbiamo perso anche la Carrà e la ricorderemo. Cosa resterà nelle generazioni future?

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Ippolita Sicoli
Author: Ippolita SicoliWebsite: http://lafinestrasullospirito.it
Responsabile del Supplemento di Cultura "La finestra sullo Spirito" del quotidiano online "ilCentroTirreno.it"
Docente della Federiciana Università Popolare, Specializzata in Discipline Esoteriche, Antropologia, Eziologia e Mitologia, ha partecipato in qualità di relatrice a convegni e conferenze. Ha pubblicato le seguenti opere: “Il canto di Yvion - Viaggio oltre il silenzio” prima edizione Wip Edizioni 2003, seconda edizione Ma.Per. Editrice 2014. Il romanzo “Storia di Ilaria e della sua stella” Edizioni Akroamatikos 2008. La raccolta di racconti per ragazzi “Storie di pecore e maghi” Ed. Albatros 2010. Il romanzo “Il solco nella pietra” Editore Mannarino 2012. Il saggio antropologico “Nel ventre della luce” Carratelli Editore 2014.

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