Diventiamo parte di chi desta in noi meraviglia o interesse. Appartenenza è ritrovarsi in un racconto, in un'espressione del volto. È un richiamo continuo che ci assorbe e ci fa rientrare in noi stessi anche nella negatività, nella cattiveria che pure ognuno di noi, chi più chi meno possiede, e nell'odio che esiste e che per quanto brutto e cattivo sia, lo annoveriamo tra i sentimenti.
L'indifferenza è il nulla e per questo l'uomo ha creato i racconti, al principio mitologici. Il confronto con l'esaltazione incarnata da dei ed eroi affascina e motiva il percorso di riconduzione a se stessi. Il racconto è già di per sé un viaggio che per tappe ha un seguito e un senso. Il dramma è nel parto di una società che non ha più contatti con l'arte del raccontare. Di conseguenza, non ha più visione di se stessa e alcun parametro di riferimento tra noi e le proporzioni dell'esterno. Del cattivo, del giusto, del gigante e del nano. Gli dei più si avvicinano all'uomo per caratteristiche, più avvicinano l'uomo alla verità. Per questo è stato fondamentale l'intervento del Figlio di Dio Gesù nella storia, per riportarci al Padre attraverso noi stessi.
L'elementarietà di un racconto è fondamentale a rendere il concetto. Attraverso il piccolo si arriva al grande. Più elaborate e intrise di elucubrazioni sono le narrazioni, più aumenta il rischio che il fruitore incappi nel meccanismo di speculazione che lo farebbe perdere nei meandri della propria mente.
Non esiste realtà più elementare dell'amore e altresì più difficile da recuperare dentro se stessi. Il recupero è la più importante forma d'incontro. Amiamo chi è già presente dentro di noi sotto la forma di rappresentazione che viene riflessa o rintracciata in chi suscita in noi il sentimento. Siamo tutti bambini nel momento in cui ci svegliamo. Il risveglio è stupore e pudore. Quello stato di straniamento di anticamera alla vita. Il pudore è accostarsi con grazia e interesse alla vita e nella radice etimologica conserva il riferimento al bambino "Paidos-ou" in greco.
Eros, il dio dell'amore e del fuoco della passione è un bambino e non solo perché capriccioso e irrazionale, ma innanzitutto perché è dei bambini lo stupore destato dal mondo. Stupore e Pudore si appartengono e determinano quel sentimento di meraviglia tipico del bambino e della capacità che hanno gli adulti di stupirsi ancora. "La poetica del fanciullino" che ritroviamo in Pascoli rappresenta al meglio questo pensiero.
Chi s'innamora vede l'altro e il mondo intero come fosse la prima volta e in questo Stupore e Pudore si ritrovano. Il Pudore altro non è che il ritorno a quello stato di verginità di preambolo alla conoscenza della vita stessa. "Si accorsero di essere nudi" dice la Bibbia a proposito dell'episodio di Adamo ed Eva. Da quel momento scatta in loro l'esigenza di conoscere che segue al distacco dalla verità. Conoscere è riappropriarsi di quanto smarrito ed è questo il valore della cultura oggi accantonato e considerato superato. Il pudore allontana ma nello stesso tempo avvia il processo di riacquisizione e riappropriazione in modo gentile del nostro riflesso, aiutandoci a recuperare quello stato di grazia iniziale.
Spesso Eros viene raffigurato mentre si risveglia da uno stato di torpore. L'amore è risveglio e il pudore è quel disorientamento iniziale a cui segue la riappropriazione di qualcosa di caro e considerato perduto. "Pudore" lo ritroviamo anche in "Cupido" il dio latino che scocca le frecce e fa innamorare. Le scocca a caso ma se volessimo parlare di casualità in amore, sbaglieremmo. Il caso è la circostanza che determina il ritrovarsi nell'altro riconosciuto come la culla della nostra casa, l'origine di appartenenza.