La maschera non copre ma rivela e proprio l'introduzione e la riscoperta della tragedia in chiave lirica rappresentano il passaggio dal Romanticismo al Novecento. La prima fase dell'Ottocento è fortemente influenzata dalle teorie vichiane e dall'impronta neoclassica che rielabora e riattualizza il Mito.
Ciò che ha un nome è nella forma e il nome marchia e veicola l'esistenza supportando il destino. L'infinito è oltre la forma e in questo ritroviamo il Platonismo che Dante rielabora e ripresenta nel Paradiso della sua Commedia. A riguardo va detto per avvalorare il carattere serio e iniziatico dell'opera dantesca, che la definizione "commedia" nel Medioevo non si riferiva a un'opera teatrale ludica e divertente di matrice greca o latina, come le opere di Plauto ad esempio ci hanno trasmesso, ma non contraddistinguendo espressamente un genere letterario, si ascrive a un'opera che abbia il carattere di dialogo e di dialoghi nella Divina Commedia ce ne sono tanti. Anzi, possiamo tranquillamente affermare che l'intera opera è espressa in forma dialogica. Perché tale scelta? il dialogo esprime il discorso diretto utile ad affrontare e a chiarire i temi da esporre. Il dialogo inoltre, serve a mantenere viva l'attenzione del lettore e apre a un confronto immediato con lui che va oltre le rigide coordinate spazio temporali.
Il Romanticismo cerca chiarezza e il dialogo è la forma ottimale che ritroviamo nei generi letterari più aulici. Il dialogo in più, si allinea alla tradizione popolare che dalla Scuola Siciliana e dalla cultura cortese viene ripresentata in chiave raffinata.
In Leopardi il nulla è il prima e il dopo, aprendo interrogativi sconcertanti su chi si fosse prima e chi si diventerà poi. Se in quel nulla respirano nuovi germogli, viene da porsi. Il nome per Leopardi risulta assorbito dalle esigenze stilistiche letterarie. Si rende indispensabile come vediamo in "A Silvia" per dare forza alla costruzione della lirica in forma di dialogo. Si crea così uno sfasamento tra la donna storica e la donna dal poeta ricreata attraverso la rimembranza e il ricordo, temi che in successione dalla prima al secondo troviamo presenti nel "L'infinito", aprendo a una considerazione per la dimensione del cuore oltre che per quella della mente.
"Silvia" è un nome antico che ha in sé nell'etimologia il timbro verginale delle foreste. La foresta, secondo l'accezione tardo romana è quanto esiste al di là della civiltà urbana. È la dimensione sconosciuta, selvaggia, per questo affascinante, che viene veicolata dal nome.
La foresta, la selva, è l'Artemide taciuta.
Abbiamo già visto con Manzoni l'attenzione che il Romanticismo riserva ai nomi. La musicalità non è fine a se stessa e questo è un dato che accomuna tutti gli autori, anche stranieri, di quell'epoca. Con l'Estetismo la risonanza interiore del nome perderà quota per riversarsi quasi esclusivamente sulla musicalità senza spessore. È quanto testimonia la commedia "L'importanza di chiamarsi Ernesto" di Oscar Wilde, tra i rappresentanti più alti di questa corrente al confine tra la cultura tardo romantica e la nuova era decadentista.