Per quanto l'Occidente si sforzi di rapportarsi tramite una matura operazione dialogica all'estremo Oriente, i risultati molte volte risultano insoddisfacenti.
L'apertura verso ciò che abita all'estremo opposto del nostro mondo può a seconda, rivelarsi molto produttiva, o scarsamente proficua per carenza di stimoli da trarre dalla diversità. Ciò che ci rende imperfetti al confronto col popolo nipponico, diventa motivo di apprendimento vivace per il Paese del Sol Levante. L'amore per l'arte, l'acuto senso estetico ha portato da sempre i Giapponesi a condurre uno scambio dinamico con l'altra metà del globo e, solo dopo la deposizione dello stato imperiale, essi hanno conosciuto momenti di smarrimento. Il Giappone, per quanto abbia saputo emulare il concetto occidentale di progresso, ha sempre mantenuto fede al suo carattere di indiscussa identità.
L'aristocrazia enfatizzata da una spasmodica ricerca estetica che non penalizza i contenuti è alla radice della produzione proficua del nazionalista Yukio Mishima che, con i suoi 46 scritti in soli 45 anni di vita, tradotti in quasi tutti i Paesi occidentali, si aggiudica forse il primato in quanto a produttività. I suoi testi rivelano un timbro nostalgico legato alle mutazioni epocali, ma la straordinaria eleganza dello stile e quella finezza sottile che soggiace allo scandaglio delle emozioni, non relegano Mishima tra i baluardi di quell'aristocrazia beffarda e lussuriosa che irride chi vive lontano dagli agi e dalla prelibatezza esistenziali. Al contrario, è la chiave di accesso a un mondo capace di nutrirsi ancora di ideali e di quei valori foraggiati dall'identità veicolata dalla tradizione. Lo spirito identitario culmina nella visione del bello capace di concepire paesaggi meravigliosi al limite con i racconti dell'epopea cavalleresca medievale e in grado di saziare l'anima per la cura dei sentimenti narrati attraverso la presenza pervasiva della natura che coccola e irrora di grazia il lettore purtuttavia toccato dalla dimensione del dolore che non deturpa ma conduce tra le spire di un'eleganza sbalorditiva. La foresta in fiore resta un omaggio alla civiltà nipponica tradizionale pregna di colori e profumi che custodiscono al centro il nettare di una vita mai vituperata dall'eccesso consumo dei sensi, ma ossequiosa di quei valori a cui il Giappone col senno di poi, ha imparato a preservare, nonostante l'adeguamento ai tempi, consacrando il suicidio di Mishima a irriducibile atto eroico.
Amante dell'Estetismo primo Novecento e ammiratore di D'Annunzio, Mishima porta avanti una battaglia dai toni sommessi, a salvaguardia del gusto e dell'amore per il bello che in lui non trascendono mai a piani di lasciva abiezione, ma sostenuti dal credo morale di cui sono portavoce, veleggiano sulle ali del tempo, destinati a perdurare come albe sulle generazioni future.