Visioni dall'infinito. Lucentezza e magia nell’Iperrealismo di Maxine Nodel
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Visioni dall'infinito. Lucentezza e magia nell’Iperrealismo di Maxine Nodel

Che senso potrebbe avere l'Infinito se non ci fosse l'Uomo ad adorarlo e ad inglobarlo dentro di sé? È in questo la grande responsabilità a cui siamo chiamati tutti ogni giorno, all'affaccio del sole, e che nella corsa della modernità molti di noi sembrano avere perso. C'è bisogno allora di riconsiderare attraverso lo sguardo e l'ascolto la semplicità che si offre a noi tramite l'incontro con l'infinito. È questo quanto le opere di Maxine Nodel, straordinaria maestra d'arte, sembrano suggerire a tutti noi, invitandoci a riscoprire nel volto dell'infinità marina e del cielo l'appartenenza al senso di mistero che affonda e dà respiro all'Universo. La semplicità ci accoglie se smussiamo i nostri angoli. Compare a noi visibile, invitandoci a ridisegnare le mappe del mondo smarrito in cui rintracciare le nostre radici più autentiche .

Che cos'è l'Arte se non la traduzione dell'impulso primigenio con cui l'anima comprende ed estende l'infinito?

Quale valore potrebbe avere l'Arte se non quello di ricongiungere alla Verità e spingere l'uomo ad andare oltre?

Ogni orizzonte ha la duplice valenza di concludere il cammino dello sguardo e di sospingere l'anima oltre il visibile. Questo è compreso dagli occhi e nutre dentro di sé il senso di raccoglimento procurato dal definito che è quanto viene descritto. Al suo opposto troviamo la protensione ad andare oltre gli orizzonti. Dove lo sguardo è appagato, l'anima desidera ancora e la sua realizzazione si compie nell'oltre.

L'anelito di infinito nasce e si sviluppa in ogni essere animato e non solo nell'uomo. L'infinito nel caso dell'essere umano esprime la necessità dell'anima di cercare oltre gli orizzonti, dove maturare l'idea di Verità attraverso le espressioni artistiche.

A primo acchito sembra un ossimoro l'incrocio dell'infinito col finito e delle caratteristiche logiche che competono loro rispettivamente. Eppure, è quanto l'Arte realizza, compiendo una rinascita non tanto della realtà, quanto della Verità che si riafferma per sentieri ritenuti improbabili dalla logica, ma praticabili dalle fibre sottili dell'essere.

Il mare e il cielo sono da sempre gli oggetti preferiti dall'uomo con cui rappresentare la sua sete di infinito. Il bisogno innato che matura attraverso il sentimento di nostalgia perenne che la terra gli consegna, lo mette a confronto con i due tessuti, l'uno fluido del mare e l'altro etereo del cielo. Se il mare ha un inizio e una fine, l'orizzonte è limite del mondo finito e incominciamento del cielo. Dal loro incrocio sembra prendere vita l'esigenza esplorativa che matura nel fondo dell'anima dei più sensibili portati ad assaporare il Creatore attraverso gli spazi del Creato.

Ciò che si mostra tangibile attraverso gli occhi, non lo è per l'anima e viceversa. Allo stesso modo, è per mezzo dei colori e della riproduzione del carattere sconfinato del mare e del cielo nella pittura, che l'anima si ricrea, rivelando la sua natura creatrice. Ricreare ricreandosi è una delle qualità che associamo al tessuto liquido del mare, ritenuto terapeutico da sempre anche per il sale che contiene, sale che corrode, lima e cura. Lo stesso si può dire delle ampiezze del cielo dove desiderio e paura, ovvero timore sacro verso l'immenso che si racconta, scuotono da sempre l'uomo. Quali sedi degli archetipi dominanti, mare e cielo sono origine e meta ultima di ogni cavalcata umana nel terreno delle avventure dominate dal tempo che tutto comprime e in cui tutto si esprime, fuorché la sete di libertà. Chi nasce e vive sulle sponde dell'Oceano, assorbe tutto questo e il fremito dell'aria interrotto solo dal fraseggio delle onde che si inseguono incessantemente senza mai raggiungersi, ed è proprio in questo frenetico e a volte pacato rincorrersi il sapore di bellezza che evoca il mare, insieme al senso di libertà che Oltreoceano si respira. L'America proprio su queste basi ha costruito un richiamo per chi vive al di qua dell'Oceano e da sempre la riconosce paladina del futuro legato al concetto di affermazione conseguito tramite la libertà.

L'artista che intendo raccontarvi attraverso i suoi dipinti si è nutrita di Oceano, anzi di entrambi gli oceani, di quello marino e di quello celeste che fa incontrare tramite l'abilità del suo pennello, nel cuore di chi si lascia meravigliosamente coinvolgere dalle sue opere. Maxine Nodel, di New York, sorprende per la semplicità della sua persona capace di eseguire e raccogliere su tela la primitività stupefacente del Creato immerso nell'Infinito. Se è vero che le anime semplici sono in grado di percepire e cullare dentro di sé le multiformi sfumature che ci circondano, la Nodel è in grado di rimandare ai visitatori delle sue opere quel senso di sacra e magica tranquillità accompagnato dalla raggiunta completezza che solo le anime appagate nel profondo dall'afflusso vitale realizzano.

L'incontro di mare e cielo sorprende per la veridicità del tocco pittorico che Maxine conferisce alle sue opere, lasciandole apparire propriamente vive, più di quanto non si riveli l'infinito nei suoi tratti incerti. Ogni giorno, ritualmente, si compie in modo composito e mai caotico l'incontro di cielo e mare. Maxine ricrea e non artificiosamente, bensì nella loro delicata e alquanto veemente consistenza, le due realtà fluida ed eterea, rioffrendoci attraverso un rimpatrio nell'alfabeto archetipico, quella corrispondenza e quel richiamo che è nel senso implicito delle cose e che ci parla attraverso la percezione dell'infinito. Le opere di Maxine sono un ritorno alla culla primordiale, a quella primitività che si crede risiedere nelle prime creature monocellulari acquee e nella polvere siderale caduta dal cielo. "Il mare è una parte di cielo e il cielo è l'aleph del mare" sembrano suggerire le opere di Maxine, col grande occhio lucente che governa, anima e plasma ogni cosa, fiorendo o lasciandosi scomparire sotto il filo dell'orizzonte. Oltre lui riposa la notte che uguaglia tutto ed è portatrice dei sogni che poi con la luce ritroveranno la giusta collocazione tra le pennellate di Maxine.

È assolutamente terapeutica l'arte di Maxine Nodel. E anche magica. Profondamente alchemica nella lucentezza quasi metallica dei dipinti: visioni di un reale sfornato dalla fucina della creatività che annulla ogni increspatura e ogni lesione presenti nella dimensione del manifesto e che la vita procura. Le onde sono carezzevoli colli salmastri che ritornano al cielo come spose smarrite. Le nuvole sono angeli che risorgono pecorelle negli occhi dei bimbi e pascolano per i prati immacolati del cielo. Il tutto come se fosse una serie di riprese fotografiche senza filtri, perché la natura non ha bisogno di altro che di essere ascoltata e ripresa. Abbiamo tutto in noi e oltre noi, nel nostro circondario e nell'immensità che è tra noi e per noi e che, per tale ragione, dobbiamo essere sempre grati. In questo si avverte lo slancio sacro impresso ed esaltato dalle opere di Maxine, suggestive già nei nomi che riprendono e rimarcano il senso di sacralità che risale e si espande dalle opere.

Nuvole sparpagliate o iceberg che emergono come lidi lontani, quali eremi del profondo Nord, terra dell'irraggiungibile e frontiera col cielo.

Sono carismatiche le opere della Nodel nell'idea di movimento che nei dipinti si compie, assolutizzando scene a cui pochi si mostrano avvezzi, perché la Natura non sorprende più. E qui scatta il carattere magico delle opere di Maxine. Riportano l'immagine (da Imago) alla matrice, perché l'uomo riscopra dentro di sé di chi è figlio e il compito assolutamente vero che ha su questa terra, ossia di rigenerarsi conservandosi. Di ricreare ricreandosi, mantenendosi radicato alla dimensione del Creato.

 

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Leggi la Biografia: Biografia. Maxine Nodel

Instagram: @maxnodel

 

Ippolita Sicoli
Ippolita Sicoli