L'INTERVISTA. Nella poetica pittorica di Cordua, l’istantanea di un mondo sempre piu' confuso
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L'INTERVISTA. Nella poetica pittorica di Cordua l’istantanea di un mondo sempre piu' confuso

Interviste e Recensioni

L'INTERVISTA. Nella poetica pittorica di Cordua, l’istantanea di un mondo sempre piu' confuso

 L'epidemia ci ha abbruttiti tirando fuori da noi quei lati di egoismo e cattiveria prima nascosti. È altresì vero che ha portato persone di ineccepibile levatura a interrogarsi e a fornire risposte che rivelano l'applicazione concreta nella realtà, del Paradiso assoluto che è l'Arte. In questa intervista il Maestro Carlo Cordua ci fornirà una lettura intelligente della nostra attualità e affatto disgiunta dalla sua vocazione che lo porta ad operare nel campo della pittura, conseguendo superlativi traguardi.

Il dramma dell’artista, ambasciatore dell’arte italiana, è compreso in questa osservazione: "Il virus dell’inconsapevolezza ci sta offrendo una grande opportunità, ma credo che la stiamo sprecando".

Carlo Cordua, lei è ambasciatore dell’arte italiana nel mondo. Nella sua pittura s'incontrano diversi stili che ricalcano la sua concezione dinamica dell'esistenza, o solo la rappresentazione di un mondo che cambia senza che spesso riusciamo a rendercene conto e quindi a stargli dietro?

“Il dinamismo è sicuramente una delle caratteristiche più rappresentative della mia poetica pittorica. Da un primo periodo incentrato sulla Metafisica della Natura, in cui troneggiano paesaggi stagionali di alberi e specchi di acqua, sono approdato ad un linguaggio stilistico nuovo. Sulle mie tele compaiono figure umane e scorci metropolitani. Non che prima mancassero, ma sicuramente oggi le mie astrazioni le ottengo da una scomposizione del figurativo. Da qui estraggo alcuni particolari e li sviluppo, dando vita ad altre opere. Prima prevaleva il carattere contemplativo di chi vive un rapporto sinergico con la Natura. Contemplazione che ad esempio io trovo nel quadro della donna in acqua che raccoglie tutti gli elementi della Natura, indirizzandoli verso la prospettiva del rinnovamento. Ultimamente è come se avvertissi il bisogno di concentrarmi su un indizio e di cogliere nell'attimo il riscatto del dramma esistenziale che stiamo vivendo in rapporto a questa epidemia, ma che io credo vivevamo già prima. Io trovo che in giro ci sia troppa confusione. Questa pandemia poteva essere l’occasione per riequilibrare certe sbavature esistenziali, un modo per ritrovare il proprio interiore. Purtroppo così no è stato.”

Possiamo dire che le sue opere recenti sono vere e proprie istantanee di un dramma non considerato e che lei forse ha anticipato?

“Esattamente. Io vivo un rapporto molto forte col colore che per me esprime vitalità, esuberanza, gioia e fertilità. Io mi sento guidare dal colore che spesso sento strabordante fino a sconfinare dalla tela. Oggi dalle mie opere viene fuori una luce interiore che mi guida verso la vitalità che io vorrei consegnare al mondo intero. Mi rammarica il fatto che nessuno pensi alla sterilità dei rapporti umani che in futuro, ne sono sicuro, ci presenterà il conto. Nessuno si sofferma sui bambini e sulle loro esigenze in questo momento fortemente sacrificate. Mi sorprende molto il distacco dei genitori dai bisogni dei loro figli. L’uomo oggi ha perso la relazione col mondo perché guarda, ma non vede. Il cielo ad esempio, è trascurato da ogni sguardo. Tutti cercano una medicina per questa pandemia, ma nessuno si sofferma a chiedersi cosa abbia provocato questa pandemia. Io credo per esempio che un ruolo fondamentale lo abbia avuto il nostro smodato modo di mangiare. Dirò una sciocchezza, ma credo seriamente che l’alimentazione e quindi la cura di se stessi può ancora salvarci.”

Quindi per lei la speranza e la salvezza sono possibili solo tramite il recupero di una interazione con la Natura che vada osservata nel profondo e non intesa come mero elemento di decoro?

“La Natura è per l'uomo madre, speranza e salvezza. In rapporto al momento difficile e complesso che stiamo vivendo, in cui ognuno è intimorito dal bombardamento continuo sul virus, la Natura ci offre la soluzione, invitandoci a mostrare attenzione verso ciò che mangiamo, perché l'alimentazione sbagliata causa un indebolimento del sistema immunitario. Quando di questi tempi si parla di prevenzione, si sottolinea l'importanza di indossare la mascherina. La prevenzione non può essere solo questo. Va fatta a partire da un’educazione alimentare. Il colon è importante. In esso si depositano le tossine, e noi lo trascuriamo continuando ad acquistare cibi spazzatura. Io sono molto attento al discorso alimentare e questa mia attenzione emerge dal senso di pulito che traspare dalle mie opere. I colori non conoscono sbavature, non depositano nello sguardo di chi osserva un senso di trascuratezza. L'alimentazione non può più essere concepita come un qualcosa a sé stante rispetto alla vita interiore. La conoscenza a riguardo, io l'ho acquisita dal Nobel Montagnier che mi ha insegnato l'importanza della prevenzione a partire dal sistema immunitario.”

Secondo lei, come si pone la Pittura Contemporanea nei confronti dell'attuale dramma?

“In questo momento caratterizzato da falsi profeti, trovo che l'artista debba fare un richiamo al suo senso di responsabilità. Nella confusione l'arte ha bisogno di ripristinare l’ordine. Le opere di alcuni artisti contemporanei appaiono confuse e confusionarie. Oggi mettono di tutto sulla tela, creando sovrapposizioni di materiali diversi che nel tempo confliggono tra loro. I dipinti ad esempio di cinquecento anni fa, sono ancora leggibili perché basati sulla conoscenza del colore, ma cosa resterà in futuro delle opere degli artisti contemporanei?”

Resteranno le tele di Carlo Cordua e la sua attenta lettura del paesaggio reso dal taglio orizzontale che richiama la capacità estensiva espressa dalla vitalità della natura che contiene e espande nell'osservatore l'idea d'infinito?

“Non lo so. Mi auguro che Carlo Cordua sopravviva soprattutto per se stesso…”

Lei è un solitario. I suoi alberi blu, di un blu che non è mai uguale, sono vere e proprie sculture solitarie che sfidano i cicli del tempo, baluardi di quella sovranità che è propria di chi raggiunge l'equilibrio, in quanto integrato negli infiniti mondi della Natura che s'intersecano. Sono alberi antropomorfi. Con le loro braccia attingono al cielo, così come con le poderose radici alle profondità della terra, facendo vibrare il cuore della materia in una vertigine di colori. 

“Si, io amo relazionarmi continuamente con il mondo, ma in effetti sono un solitario. Non amo il frastuono e la confusione che m'impediscono l'approccio intimistico alla realtà. Credo che per qualsiasi artista sia fondamentale appartarsi per dare la possibilità all'anima di rivelarsi e produrre. Anche questa pandemia io la intendo come esperienza di prova con cui Dio intende metterci nella condizione di riflettere sui gesti e sugli atteggiamenti che ora ci mancano, ma che prima avevamo assunto meccanicamente come abitudini. È un modo per aiutarci a recuperare il senso profondo delle cose. Siamo arrivati a un punto di non ritorno, ma non possiamo perdere la speranza. Sono convinto che chi lavora all'interno dell'informazione non dica la verità, così come sono convinto che la medicina non voglia curare definitivamente il malato, perché non conviene. La strada della medicina è quella di creare un sistema di malati a vita, senza guariti effettivi. Questo è un aspetto della società moderna che mi lascia perplesso.”

Il punto di non ritorno lo troviamo rappresentato nella Natura e nel taglio orizzontale che conferisce ai suoi paesaggi. Questi spingono a dilatare gli orizzonti dell'anima e invitano a credere che da qui bisognerebbe ripartire?

“Sicuramente la mia è una pittura che si connota di elementi simbolici e metaforici ed è proprio in questi codici linguistico espressivi che si coglie la chiave di accesso al rinnovamento. Il Simbolo e la Metafora invitano alla riflessione e alla concentrazione. Rinchiudersi in sé è necessario per partorire qualcosa di nuovo.”

Mi piace concludere con una sua espressione che condivido pienamente. "Abbiamo bisogno di bellezza".

“Sì, abbiamo bisogno di bellezza, lo diceva prima di me Dostoevskij. Solo la bellezza salverà il mondo, a noi il compito di darle una mano.”

Carlo Cordua attraverso questa intervista ci ha comunicato se stesso, mettendo a nudo i drammi dello spirito che aprono voragini nella cultura odierna, accompagnandoci al capolinea di questa umanità.

Ringrazio doppiamente Carlo Cordua e per gli importanti insegnamenti che nella sua ineccepibile umiltà ha voluto trasferirci, e per avermi scelta come persona a cui affidare i suoi preziosi messaggi, allo scopo di una seria e corretta divulgazione. Da me e da tutta la Redazione i migliori auguri per i suoi prossimi lavori.

 

Ippolita Sicoli
Ippolita Sicoli