L'indefinibile nel finito. La struggenza lirica dei componimenti di Claudio Costa
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L'indefinibile nel finito. La struggenza lirica dei componimenti di Claudio Costa

Interviste e Recensioni

L'indefinibile nel finito. La struggenza lirica dei componimenti di Claudio Costa

Ci affidiamo alla Bellezza come esperienza di elevazione dai continui naufragi dell'anima. La Bellezza ci trasporta e ci salva elevandoci sulla passione che è anche dolore e pervade ogni esperienza umana. La "Poesia" diviene quindi occasione di riflessione per l'essere umano che attraverso la sua funzione di assolutizzazione si spoglia dei tormenti, lasciando emergere la purezza di una rosa. È questo quanto suggeriscono le composizioni liriche di Claudio Costa. In esse l'impronta pittorica dei versi ci lega al Cielo nella rivisitazione di episodi perduti.

Siamo soliti accostare l'indefinibile a una condizione di confusione che invalida la capacità di analisi affidata al pensiero. L'uomo di oggi è portato a sentirsi a disagio in una situazione di confronto diretto con quanto non sia indagabile col mezzo della ragione.

Lo stravolgimento a cui ci ha indotti l'irruzione del virtuale, ci induce a una condizione di prono servilismo nei confronti di una lucida scansione del reale, carente di capacità critica. Il sudario del sogno è caduto, lasciandoci spogli dell'approccio privilegiato un tempo, nei confronti di tutto ciò che attiene alla sfera del Sacro. Sacro è l'ambito del Mistero non perlustrabile ma indispensabile. È stravolgimento e sconvolgimento attraverso cui l'uomo ha scoperto l'approccio estetico alla realtà. L'Arte è quindi l'antro di accesso all'invalicabile che va intuito e non inteso, ossia non accoglibile con gli strumenti di decodificazione affidati alla lettura logico razionale della realtà. L'indefinibile è quindi atteggiamento di reverenziale rispetto verso tutto ciò che ci sovrasta ed è altresì collocato nelle viscere dell'anima.

L'indefinibile è quindi dimora del Sacro che attinge direttamente al siero amniotico dell'origine, che avvolge a livello embrionale la danza dei fermenti che troviamo riproposti nella realtà attraverso l'ordine maturo del tempo. L'ordine è scandito dal tempo che trascorre e precipita le cose in una costruzione logica che le priva di quella forma di ieratico incanto.

È questo quanto suggeriscono le parole tracciate dal gioco della memoria che diviene esaustivo presente nei testi del poeta Claudio Costa. La lettura disarmante della realtà in cui morte e perdita e il conseguente dolore intrecciano una danza che lui ripropone attraverso la musicalità di un testo non allusivo ma sapientemente selezionato, porta il lettore a interrogarsi sulla morte. Lo spunto è offerto da una data circostanza, quale la perdita della propria madre, che è il motivo scatenante la stesura della prosa lirica "Chissà se il vento di un aquilone". Qui s'interroga sul ruolo del tempo quale cura a un vuoto incolmabile.

Le parole "Bocca" e "Rosa" le ritroviamo in alcune liriche, la prima in "Ho visto l'amore", poi "A chi chiesi l'amore" in cui i fiori rimandano alla caducità della Bellezza rappresentata comunemente dal fiore per eccellenza: la rosa". "Rubai e venni inghiottito" ci proietta nell'azione divoratrice della vita la quale conserva l'embrione di una visione archetipica della Madre in relazione allo svolgersi dinamico dell'affermazione della propria realtà esistenziale e all'azione corrosiva svolta dal tempo. La bocca preda la carne con insaziabile voracità, ma lì dove c'è carnale trasudamento della passione, vi è altresì passaggio a uno stato successivo di annientamento o al contrario di raffreddamento.

Tra le sue poesie la rappresentazione evocativa dell'origine troneggia nel componimento dedicato a Genova, sua città natale che porta nel cuore. Essa merge in un gioco pittorico di azioni che ricalcano la giostra di una città operosa e viva, forse ai margini della cronaca turistica che privilegia le classiche città d'arte trascurando il capoluogo ligure, da sempre crocevia di popoli e di esperienze umane. Genova ha conferito l'impronta di esploratore di anime a Claudio Costa e alla sua attività lirica. Egli è di fatto portato a perlustrare la sensibilità umana attraverso lo spettro di suggestioni che egli evoca in una sintesi estetica di ritmi e modulazioni lessicali, scandite dal ritmo delle composizioni. Il binomio "Vita-Morte" acquisisce un ventaglio di sfumature che rilascia ai toni di base, sintetizzando in poche battute fioriture e travagli delle esperienze umane.

L'amore passionale alla deriva del sentimento incontra la poesia della rosa che esprime la caducità della bellezza ma anche la penetrazione nella durevolezza degli eventi attraverso il ricordo che permea le anime sensibili. Di sensibilità ce n'è davvero tanta in Claudio forgiato nel cuore dalla vita. L'aspetto più significativo del suo percorso esistenziale non è stato alienato o alleggerito dalle scelte professionali di impronta tecnica. È come se in lui si svolgesse una doppia vita: l'una concreta e pragmatica e l'altra che sonda le profondità dell'anima, rasserenandolo in una visione estetico contemplativa.

"Poesia" ha la stessa radice del verbo greco "Poieo" che indica "fare" e il poeta è colui che ripristina il mondo dalle sue basi, ricostruendolo a partire dall'ordine conferito alle sue proprietà sensibili che ne mettono in evidenzia gli aspetti in ombra e misteriosi. In un mondo in cui siamo dominati dalle etichette, le composizioni di Claudio Costa sono un chiaro invito a indugiare sul non esplicito in cui si trova l'essenza della vita stessa. Pertanto l'indefinibile che non rimane ai margini dell'esperienza sensibile umana, ma ne diviene nettare e miele, sostanza e dolcezza con le quali liberarsi e librarsi in alto, una volta fatti cadere i fardelli che appesantiscono le profondità dell'anima. C'è tanta dolcezza nelle parole di Costa, dolcezza che non rimane su un piano irrisolto ma si adagia come una carezza sull'anima del lettore che rimane avvinto dalla tenacia e dall'intensità del galoppo di parole. La dolcezza è ben dosata con la leggerezza che impedisce al dolore di depositarsi. Al contrario lascia un sapore bello tra le labbra di chi si appassiona ai versi e li comprende dal di dentro.

L'indefinibile incontra il finito dell'intelligenza del cuore che filtra l'esperienza umana attraverso una forma di pensiero che non affossa ma eleva. Mancano i titoli nei componimenti di Claudio, quasi lui obbedisca all’esigenza profonda di liberare i testi dai dati contingenti, perché i sentimenti dagli eventi scaturiti devono essere intramontabili e avvicinare al mistero profondo della vita che pervade il nostro esserci qui e ora. I sentimenti persistono alla furia del tempo e della dimenticanza, permettendo agli affetti cari di permanere in noi.

L'anima di Claudio è genuina ma carezzevole come un fiotto di luce magicamente sospeso nell'alveo della penombra, e la musicalità dipinge paesaggi dell'anima sui quali il pennello di un abile pittore potrebbe sbizzarrirsi, così come le melodie struggenti e altresì cristalline di un prestante musicista o cantante.

Il finito che subentra all'infinito è quindi l'estro razionale che agisce sulla coscienza, permettendo alla valle dei sentimenti di colmare e contenere le emozioni rese feconde, di chi saprà gustare e apprezzare la bellezza di questi versi.


Claudio Costa
Claudio Costa

 

Componimenti del poeta Claudio Costa:

Componimento 1

Ho molti pensieri. Genova è un pensiero del cuore, con i suoi vicoli di poesia, le luci notturne, appese con i fili del sale ed il suo mare, onde di passato che torna, ma si allontana e mi tocca la bocca, per vendermi le parole.
Genova che fiera, mi restituisce i giorni e le barche, capovolte e un pò arrese, madre di gemiti e lacrime, dietro le gelosie che sogguardano i pescatori in fiamme e la mia litania.
Genova che mi ha dato la luce, ma il sole non significa nulla, mi ha dato una finestra, per specchiarmi oppure osservare, mi ha dato la mano, sotto un tavolo di cucina, l'odore dei mercati e dei mercanti, la folla di braccia e le spiagge di cultura, un cielo senza mai lo stesso colore e la mia incredulità.
Osservavo distratto le mie paure, Genova, ho incontrato le mie ombre, le ho condivise con i suoi muri, ho pisciato sui ricordi, prima di essere un ricordo, ho conosciuto le vite, di una stessa vita e di un'altra ancora, di molte altre vite ancora.
Non si può portar con sé, una nave di ricordi, ma si può mettere in tasca il ricordo.
E sarà come bere da un bicchiere, tutta la vita di una bottiglia.
Genova è un messaggio che aspetto dietro la porta.

Componimento 2

Chissà se il vento di un aquilone, potrà mai restituirmi il tuo sorriso e la pioggia, cavare le mie ossa da questo mio vestito secco.
Guardare avanti con il viso rovesciato che versa le parole, come sassi dentro un secchio.
Ricordare quella notte, con il cielo ormai sopra le lenzuola e due occhi ormai evaporati.
È quel che resta di noi, di me, di te, della mia vita.
Chissà quanto tempo ho ancora, per trovare oltre l'orizzonte, il soffitto del cielo, dove forse tu siedi e mi regali i ricordi.

Componimento 3

Rubai e venni inghiottito da una bocca venduta, ruppi un vetro e venni arrestato da chi la portava sul viso.
Rubai il tuo cuore e mi ricambiasti con amore.
Nella bella stagione.
Quando gli occhi più rotondi vedevano un po' per finta, come finta è la bella stagione che nascondeva le cose ma ti portava le rose.
Che nascondeva le cose ma ti portava le rose.
La bella stagione.
E quando te ne andasti lontano, non fu più bella stagione.
E mai, mai nessuna bocca rimproverò chi ti aveva portata lontano.
Chi ti aveva rubato.
E chissà quali stagioni vedrai al di sopra della pioggia.
Quando forse ti nasconderà le rose per portarti quelle cose, la bella stagione.

Componimento 4

A chi chiesi, l'amore mi rispose con un fiore, ma gli amori non crescevano sui prati e nemmeno gli avevo comprati.
Per schiacciarli, bastava calpestarli come i fiori sui prati.
E dalla bocca le parole tagliavano il cuore dopo i primi baci appassionati e i castelli di sabbia, che le onde dei loro capelli li avevan bruciati.

Componimento 5

Ho visto l'amore sdraiato sopra ogni cosa, ho visto i baci dati per sbaglio, ho visto gli occhi tradire la bocca.
Ho visto l'amore senza fiatare, ho visto le rose senza stagione. Poi ho visto l'amore senza un abbraccio.
L'amore indossato e tanti, tanti abiti ancora da indossare.
Ho visto l'amore sognato, ma quando la sera porta a casa la sua ombra. Ho visto molta gente attorno all'amore, tanta da non sapere di chi fosse l'amore.
L'amore senza un nome oppure troppi, per non essere di troppo ed essere amato, una volta ogni mese.
Ho visto l'amore che aveva bisogno solo di se stesso e non aveva niente da dare. Ho visto l'amore copiare poesie e le fiabe per scrivere un libro che facesse sognare.

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Ippolita Sicoli
Ippolita Sicoli