L'INTERVISTA. La normalita' speciale dell'autore e regista Felice Corticchia
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La normalita' speciale dell'autore e regista Felice Corticchia

Interviste e Recensioni

L'INTERVISTA. La normalita' speciale dell'autore e regista Felice Corticchia

Quando si parla di normalità, spesso riandiamo con la mente a quelle situazioni di grande banalità dalle quali chi non si sente mediocre, tende a fuggire. Dal Sessantotto in poi, la normalità ha cambiato prospettiva al mondo e al microcosmo, comparendo come un elemento di accusa rivolto alla superficialità in cui era incappato l'uomo moderno col consumismo.

Leggi la: Biografia. Felice Maria Corticchia

Negli anni Ottanta con i fenomeni post-punk e prima ancora, a fine anni Settanta con gli anni di piombo e la guerra tra fazioni estremiste contrapposte, la normalità era associata al colore beige. Metteva in risalto in negativo chi mancasse di una definizione politica, facendo dipendere questo dall'assente coscienza della propria identità. Oggi, cosa potrebbe essere la normalità se non quella volontà di perseverare per la propria strada, senza farsi trascinare dagli impulsi mediatici o dalle mode del momento? In quest'epoca di stravaganze forzate, essere fedeli a se stessi e alla propria persona è la vera eccezione e l'ospite di questa intervista a riguardo, è sicuramente un degno esempio.

Felice Corticchia classe 1966, ha un'esperienza nel mondo del Cinema e del Teatro da vero Maestro, forse perché la sua semplicità che desta grande ammirazione, sa essere di esempio per chi lavora con lui e per chi è dall'altra parte dello schermo o tra il pubblico, a godere dei suoi lavori. Da artista versatile e composito, si afferma anche a proposito della musica, nell'ambito della direzione artistica della Fiera di Milano e del Milano Jazz Festival, curando i concerti di artisti di fama mondiale come ad esempio i Deep Purple e gli Oasis. Al grande pubblico resta impresso per aver collaborato in qualità di assistente alla regia alla creazione della fiction “Le cinque giornate di Milano" regia di Carlo Lizzani con Giancarlo Giannini, trasmessa da Rai Uno. Numerose e di spessore in quanto a stile e a contenuti le sue pubblicazioni editoriali.

Regista Corticchia, da ragazzo lei aveva compreso quale direzione avrebbe preso riguardo al suo futuro?

“Da ragazzo avevo le idee alquanto confuse. Sicuramente sulla mia realizzazione professionale e sulla strada da prendere per conseguirla, molto ha inciso l'aver assistito alla ripresa dei film “Il prefetto di ferro" di Pasquale Squitieri e di “Un uomo in ginocchio" di Damiano Damiano con un giovane Michele Placido e con un già affermato Giuliano Gemma. Poi è stata la volta de “Il padrino” e vedere girare le scene più rappresentative del film è stata un'emozione che ancora perdura in me.”

Come mai lei ha assistito alle riprese di questi film diventati dei veri e propri cult del Cinema di ogni tempo?

“Io sono di Palermo e tra gli anni Settanta e Novanta la mia città è stata sede di importanti set cinematografici. Mi è capitato per caso, mentre ero in giro con gli amici, di trovarmi ad assistere alle riprese di questi film.”

Alla base del suo talento c'è anche un percorso scolastico non indifferente che l'ha aiutata a far emergere la sensibilità che lei ha dentro.

“Sicuramente il liceo classico mi ha aiutato ad approfondire le materie umanistiche e a crearmi un solido bagaglio culturale. Io da sempre sono innamorato della cultura anche cinematografica che cura e approfondisce le cose partendo dal loro nascere. Trovarsi ad assistere al set di un film importante e poterne seguire gli sviluppi embrionali è un'esperienza che sicuramente ha contribuito a formarmi e a spianarmi la strada per l'avvenire.”

L'impronta culturale che lei ha deciso quindi di seguire è quella umanistica.

“Sì. Dopo il liceo mi sono iscritto alla Scuola Europea del Cinema diretta da Renzo Casali, il grande drammaturgo che non c'è più. Dopo di che sono approdato al Teatro Comico sui Navigli di Milano.”

Lei ha inseguito nella sua formazione la conoscenza del Teatro a trecentosessanta gradi. Si sa destreggiare molto bene nel filone drammatico come in quello comico e ironico. Ha per caso in famiglia qualcuno da cui ha attinto o ereditato la predisposizione?

“No, sono un pezzo unico. Una zia di mio padre era insegnante di pianoforte, ma non so se possa avermi influenzato in una qualche maniera.”

In una realtà che concepisce il mondo dell'arte e dello spettacolo come luoghi in cui affermare la propria stravaganza, lei è l'eccezione e in senso assolutamente positivo. Siamo abituati oggi a confrontarci con vicende umane paradossali che ci portano a riformare attraverso noi la vita come fosse un palcoscenico sui cui chi va avanti, ha l'obbligo di sapersi necessariamente distinguere dagli altri, a prescindere se in bene o in male. Il giudizio oggi viene sommato al pregiudizio e quindi inteso come un qualcosa di assolutamente illogico o sbagliato, che andrebbe quindi evitato. Lei in tutto questo è un'eccezione. Sembra quasi che la necessità a comparire lei l'affidi ai suoi prodotti di alta professionalità, nonostante siano improntati alla sua natura umile e silenziosa. Per usare una sola parola, garbata.

“Non so se la mia sia una normalità speciale, come lei ha tenuto a sottolineare. Certo sono una persona con i piedi per terra, che cerca nel suo lavoro di fare del suo meglio, regalando agli altri l’occasione di trascorrere momenti sereni. È questo l'obiettivo che mi prefiggo di raggiungere e mi fa soffrire il fatto di dover privare il pubblico del mio apporto di serenità in un momento così difficile come questo. Il mio pensiero va a tutti coloro che operano nel mondo dello spettacolo e che non sanno come arrivare a fine mese. Siamo quelli veramente dimenticati dal Governo che ci considera coloro che lavorano per creare il passatempo della gente. Siamo visti con grande superficialità, come se far passare dei momenti di spensieratezza agli altri fosse una cosa inutile. E invece è utile e quanto! L'Arte non ha un'utilità spicciola e proprio in questo è la sua bellezza e proprio per questo è indispensabile.”

Regista Corticchia, lei ha detto una verità importantissima che va a infrangere la barriera dell'opinione comunemente gretta secondo cui tutto ciò che non è indispensabile alla sopravvivenza va tagliato. È giusto ricordare e lo facciamo in questa sede, che l'uomo non è l'animale a cui basta sopravvivere, ossia vegetare, e che la dimensione dell'intelligenza del cuore va curata e salvaguardata, a prescindere da una qualsiasi epidemia, per rimanere nel solco dell'odierna attualità. Siamo fatti di mente ma anche di quella intelligenza più sottile che va nutrita attraverso l'esperienza delle emozioni che servono per imparare su un altro piano sicuramente empatico.

“Sicuramente. Questo è un mondo povero di esperienze dell'anima legate alla bellezza. Insieme a cinema e a teatri hanno chiuso pure i musei. È tristissimo quanto sta avvenendo! È triste e di una bruttezza unica.”

Lei è una persona semplice e assolutamente perbene. Come si mostra sul luogo del lavoro?

“Sono una persona assolutamente positiva, in grado di andare avanti nonostante le mille difficoltà. Cerco di mostrarmi così anche sul lavoro. La serenità prima di trasmetterla al pubblico attraverso spettacoli e film, voglio che circoli tra i miei attori. Prima ho detto che da ragazzo ero affascinato da come veniva creato un film e questo principio è per me da applicare e da coltivare in tutte le cose, anche in quelle che mi riguardano da vicino a incominciare dal rapporto che instauro con il cast da me selezionato. Se non so creare un clima di serenità e di sicurezza tra i miei collaboratori, come posso aspettarmi che queste qualità arrivino al pubblico e in lui permangano a spettacolo finito?”

Lei ha un approccio assolutamente estetico alla vita, e per estetico intendo il senso più vivo del termine, ossia artistico sul piano della sensibilità. Purtuttavia, c'è tra tutti i linguaggi e le espressioni artistiche quello che avverte più propriamente suo?

“Credo di no, li sento tutti dentro di me. Ho iniziato come scrittore, e questo non vuol dire che il Teatro e il Cinema siano secondari.”

Lei è abile a saper suscitare una risposta o sotto forma di emozione o sotto forma di riflessione nel pubblico, anche ricorrendo al Teatro Comico. Importante è che ci sia una risposta.

“Esatto. Spesso si associa la drammaticità alla riflessione o alla comunicazione di un concetto. S'impara sempre e comunque, purché il messaggio arrivi bene e correttamente. Ciò è possibile solo tramite un buon lavoro.”

Come lei vede partendo dalla sua persona il Cinema italiano di oggi? Trova che ci sia qualità nel modo di lavorare e nell'operato dei suoi colleghi?

“Io per natura non sono portato a giudicare il lavoro degli altri. Nutro rispetto verso tutti perché ognuno tramite i suoi prodotti esprime se stesso. Oggi l'umanità in genere è proiettata a dare importanza alle questioni economiche e commerciali e questo si riflette anche nell'arte. Ma è anche vero che, al di là delle esigenze di mercato, il Cinema italiano era ed è importante nel mondo, in quanto in grado di esprimersi attraverso validi prodotti, rimanendo protagonista assoluto.”

Lei ha pronto da girare un lavoro importante. Di che si tratta?

“Si riferisce al mio docufilm, la docufiction “I dimenticati di Palermo" su tutte le vittime di mafia relative alla grande guerra di Cosa Nostra consumatasi in Sicilia negli anni Ottanta. I dimenticati sono tutti coloro tra agenti, imprenditori e persone comuni che hanno perso la vita in attentati di cui più nessuno parla o cerca di rispolverare alla memoria attuale. Questo lavoro consta di diversi momenti intervallati tra loro in cui gli attori protagonisti, tutti affermati, che recitano i ruoli delle vittime, si alternano a testimonianze vere e proprie, rilasciate dai famigliari e dai parenti dei deceduti. È un lavoro che spero di girare quanto prima, non appena saremo fuori da questo clima di restrizioni anti Covid.”

Sarà girato in Sicilia ed esattamente a Palermo, la sua città, spero presto. Di film e fiction sulla Mafia in Italia ne sono stati girati tanti. Tra tutti ricordo la celebre serie “La piovra". La domanda che mi viene spontanea da porgerle è cosa differenzia i suoi lavori, in particolare questo che girerà prossimamente, da quelli di altri registi?

“Innanzitutto la differenza si riscontra nel modo di fare Cinema. Io non mi intrattengo sulle scene cruente o sui personaggi negativi, ma m'impegno a fare emergere i personaggi che hanno un buon cuore e tanta positività da trasmettere e che contrastano le azioni dei delinquenti o comunque di chi sta dall'altra parte rispetto al bene.”

Molto bello questo suo impegno. Alla luce di quanto ha detto, come vede lei il Sud?

“Lo vedo ancora molto decentrato. Non so quanto. a politica si stia impegnando realmente ad avvicinare le due Italie. Certo io sogno un'Italiana finalmente unita e che non si muova più a due, ma a una sola velocità. Sogno un Sud che lavori e si sforzi allo scopo di essere meno grezzo. Un Sud più attivo e che mostri più attenzione nei riguardi dei giovani.”

Lei è una persona animata da grande sensibilità. Quanto la Fede compare nei suoi film? Le rivolgo questa domanda perché so che lei è molto credente.

“Sì, sono molto credente e vivo in stretto e costante rapporto con Dio a cui mi rivolgo chiamandolo Grande Capo dei Cieli. Sono credente e prego spesso. Ultimamente rivolgo le mie preghiere a chi soffre a causa di questa epidemia, e da malato e da disoccupato. Prego con il cuore rivolto a chi opera nel mio settore e si trova in gravi difficoltà economiche. Prego anche per chi ci governa, affinché Dio lo illumini sul da farsi.”

La ringrazio a nome di tutti noi italiani e non solo. Cambiando argomento, so che lei ha in cantiere anche un'opera teatrale.

“Dal 25 al 28 gennaio a Roma porteremo in scena una commedia dal titolo "Un lettino per due". Una divertente storia di psicanalisi che offre molti spunti di riflessione e che vede come protagoniste le attrici Eleonora Manara e Cecilia Errera.

Ridere e sorridere sono attività dello spirito oggi sottovalutate al punto che si ride troppo e spesso, e soprattutto quando non si dovrebbe. In un momento così delicato come quello attuale, dovremmo forse recuperare la misura delle cose in rapporto alla percezione giusta della realtà e cercare con i mezzi che abbiamo a disposizione di tracciare nel mondo nuove prospettive. La risata su una questione legata all'inadeguatezza dell'uomo contemporaneo a fronteggiare l'epidemia, serve a recuperare l'analisi razionale dei fatti e a dare la giusta risposta dopo un'accurata riflessione. Ognuno, nel suo piccolo, dovrebbe fornire il suo personale contributo al fine di superare il delirio che stiamo vivendo. Il Teatro da sempre, anche quello comico, viene in aiuto dell'uomo nei suoi momenti più oscuri, smussando gli angoli tra la persona e il mondo e in tale prospettiva si pongono tutte le opere comiche e ironiche del regista Corticchia.

Ringraziandolo di avermi scelta per questa interessante e alquanto formativa intervista, porgo a lui e alla sua attività i migliori auguri da parte mia e di tutta la Redazione.

 

Ippolita Sicoli
Ippolita Sicoli