Se non esistesse il canto, non conosceremmo il cielo, i suoi lidi trasparenti al di là delle nubi traghettate dal tempo. Esiste il canto della preghiera e il canto del dolore che si fa sorriso. Il canto è l'ala d'angelo che si posa sul cuore prima che si adagi tra le braccia del sonno che giunge a purificarci dai tormenti.
Ci rasserena il tempo in cui perdiamo la nozione del tempo.
Veicolo di purezza è la Fede nascosta del viandante sotto un cielo di stelle esteso al di là dell'incomprensione del mondo. E' un regalo e un dono e sgorga da una sorgente di luce che si apre una varco nel cuore trafitto dall'oscurità.
L'oscurità del cuore non sempre reca l'impronta della cattiveria umana, spesso è la nicchia del sacro che si rifugia dentro di noi. E’ il cielo notturno percorso da mandrie di stelle a cui non accede l'ignoranza del mondo. E' l'habitat della caverna che ha per volta l'infinito che governa l'uomo puro, semplice e buono.
L'intervista che leggerete ha il profumo dei campi stellati e della musicalità argentina degli alberi contro cui si sgretolano i cancelli della cattiveria di chi non ha la comprensione nel cuore. E’ un'intervista forte come la tempra della protagonista, e delicata come la voce che si stende sui deserti aridi del mondo. Maria Grazia Tringale, soprano, con dolcezza e determinazione ha tracciato un sentiero nei campi incolti lasciandosi guidare dalla corrente della sua voce che dal mare l'ha condotta alla fonte, compiendo il percorso proprio delle grandi anime in contrasto con la banalità del mondo.
Maria Grazia, la tua è una storia che parte da lontano. È la storia del canto che tu hai liberato dentro di te e che a sua volta ti ha liberato. La nostra anima ci viene incontro e ci guida lungo la via maestra se noi la riconosciamo e da lei ci lasciamo condurre. I luoghi che ti raccontano non sono estranei alla tua sensibilità, alle qualità tonali che sei riuscita a tirare fuori e ad esprimere al mondo.
“I luoghi in cui sono nata e vissuta non sono un semplice contorno alla mia storia. Io ho ventotto anni e sono di Acicatena in provincia di Catania, un paese che ha cura del suo mito presente e vivo in tutti i paesi i cui nomi iniziano con Aci. Il mito narra dell'amore di Aci, il pastorello figlio di Pan, per Galatea.”
Già il mito c'introduce nell'aspetto più nobile della tua persona che esprimi nell'amore viscerale per la tua terra e i luoghi d'infanzia.
“Sì, sono fiera della mia terra. La Natura è da sempre la mia compagna fedele e il sottofondo ai miei giorni. Da bambina ho vissuto con i miei nonni dei quali mi è rimasto solo il nonno paterno. I miei nonni erano contadini ed io da loro avevo l'abitudine di perdermi inoltrandomi nella campagna che sembrava rivelarsi al mio passaggio. In questo labirinto segreto che si risvegliava ad ogni mio passo, ho compreso di possedere il dono del canto. In campagna ogni cosa sembrava stimolare il mio canto e mi ritrovavo a cantare ai sassi, ai maiali che i miei nonni allevavano, agli alberi spogli o con frutti. I suoni sgorgavano cristallini e puri dal cuore, non disturbati dalla tecnica impartita dall'esterno.”
Grazie alla Natura il tuo dono si è rivelato e questo è stato il primo momento dell'epifania della tua anima. Il risveglio agreste nella terra del Mito. Crescendo, tu hai portato avanti gli studi?
“Sì. ho conseguito la maturità al liceo classico con indirizzo Beni Culturali e poi mi sono diplomata all'istituto musicale Vincenzo Bellini di Catania col massimo dei voti.”
Complimenti sinceri. La tua famiglia ha mai ostacolato il tuo percorso di studi?
“Forse inizialmente, poi non più. Ho un ottimo rapporto sia con i miei genitori che con mio fratello, Nunzio, che è più grande di me.”
Il percorso di formazione da soprano da te condotto egregiamente ti ha dato molto, permettendoti ti affinare e di accedere a concorsi importanti, ma ti ha anche privato della tua autenticità.
“Esattamente. Ho partecipato a concorsi lirici internazionali e vinto premi importanti come il Premio Speciale Mandotti Salisburgo conseguito a Montalto Uffugo (Cosenza), il primo premio al concorso lirico internazionale Vincenzo Bellini a Catania, sono stata premiata a Siracusa al concorso lirico internazionale Voci del Mediterraneo, al concorso Spiros Argiris di Serzana dove ho vinto una Masterclass tenuta dal soprano Daniela Dessi'. Dovrei essere soddisfatta di questi traguardi importanti e lo sono, ma nel tempo mi sono accorta che la mia era una perfezione illusoria.”
Che cosa è accaduto?
“È successo che più andavo avanti con lo studio e la tecnica, più il mio corpo ne soffriva. Mi sentivo come imprigionata e per recuperare il mio equilibrio, non c'era altra via che ritornare al luogo da cui tutto in me era cominciato, al grembo agreste che mi aveva ospitata da bambina. Lì ho ritrovato la mia voce e la sua originaria purezza, per cui lì mi sono stabilita.”
E lì hai ritrovato tuo nonno. Il tronco sorto sulle radici.
“Esattamente. Sono legatissima a lui. Non mi sono mai pentita di questa scelta e solo chi vive un rapporto profondo col proprio nonno, può comprendere.”
Maria Grazia, che cos'è per te il canto?
“È la voce della mia interiorità. Già all'età di otto anni intonavo canzoni e ogni finale lo realizzavo con la voce impostata in automatico. Posso quindi dire che la lirica rappresenta la mia genuinità perché già da piccola emergeva in me il vibrato.”
Le persone speciali e tu lo sei, sono visitate da sogni ricorrenti. Ti ritrovi in questo?
“Sì, mi ritrovo. Da bambina sognavo sempre di volare sugli alberi della campagna dei miei nonni.”
I sogni, più che profetici, sono rivelatori delle esigenze dell'anima. Il volo congiunge la terra al cielo e permette di sviluppare una sensibilità che va oltre l'individuo e abbraccia la sofferenza del mondo. Come succede agli Sciamani, il volo è l'uscita dal corpo, che consente di raggiungere una consapevolezza totale che si particolarizza nel momento in cui ci si confronta con un'anima ferita. Allora il volo si tramuta in empatia e si accolla la sofferenza dell'anima che incrocia. A ben guardare la croce è anch'essa simbolo del volo oltreterreno compiuto da Gesù che tramite il passaggio dalla croce e la conseguente Resurrezione si rivela il Cristo. Non può esserci volo senza sofferenza, perché il volo stesso implica una separazione e una rinuncia all'aspetto di noi, quello materico e pesante. Questo sgravio causa dolore, e questo dolore è una necessità dell'affermazione della vita. Maria Grazia, che rapporto hai con la Fede?
“Credo molto in Gesù, non al dio punitivo e crudele dell'Antico Testamento. Credo agli insegnamenti che ci ha lasciato Gesù, alle sue espressioni d'amore, come “Ama il prossimo tuo come te stesso", al riconoscerci tutti come fratelli. Credo negli angeli che sono esseri divini, così come esseri divini siamo noi prestati a una dimensione materica. Siamo qui sulla terra per vivere l'esperienza biologica, ma dopo faremo ritorno alla vera casa e li’ ci abbracceremo tutti.”
Bellissime parole che trasmettono tutta la delicatezza e la profondità della tua anima. Maria Grazia, hai sofferto molto nella tua vita?
“Ho sofferto la distanza dell'incomprensione. In eta’ scolare mi sentivo messa da parte dai coetanei e dai compagni di classe. Anche le maestre non mi prestavano il giusto ascolto. Alle elementari frequentavo la scuola di danza classica che poi ho abbandonato e anche questo ha causato in me un forte dolore. Ciò che mi ha segnata veramente è stato l'allontanamento improvviso e senza spiegazione della mia amichetta del cuore.”
Non può esserci volo senza sofferenza. Certi fatti accadono perché noi compiamo un passo necessario sulla via della Verità. Il dolore di un tradimento inatteso è il peggiore che si possa vivere e ha un valore che travalica la ragione umana. Anche Gesù è stato tradito da Giuda, ma questo tradimento obbedisce a un comando divino incomprensibile da chi lo vive e lo trasferisce all'altro. Esiste la consapevolezza umana che sopraggiunge quando la coscienza esce dall'ombra, e poi c'è il piano divino. Dio scende in noi trovandoci impreparati ad accoglierlo, e agisce. Quell'episodio è servito a te perché da quelle ferite spuntassero le ali. Il canto per te è forza e volo di trionfo sulle difficoltà della vita.”
“Il nostro io denudato è Dio.”
Esattamente. Il dolore scolpisce e sgrossa la pietra fino a raggiungere l'essenza che è luce ed è Dio. Dio significa luce e chi è sensibile fa del dolore il cammino di risalita verso la fonte da cui sgorga la luce.
“Vero. Nel tempo ho capito il senso di certe esperienze e ancora di più mi sono legata al canto".
Che progetti hai per il futuro?
“Mi vedo cantare nei teatri e nelle piazze. Non nascondo che mi piacerebbe anche lavorare in tivù, perché mi sento attratta da qualsiasi lavoro in cui sia richiesto di adoperare la voce. Pertanto mi piacerebbe cantare, recitare, presentare e anche condurre. Il canto e' in tutte le cose e chi canta dev'essere innanzitutto un bravo attore.”
I luoghi del Mito sono la patria di chi possiede un'anima immortale. Il legame col Mito schiude al regno degli archetipi portatori della nostra verità. Perdersi nella natura significa smarrire la propria identità per riconquistarla con i valori aggiunti scaturiti dall'esperienza dello smarrimento. Occorre smarrirsi per poi ritrovarsi e non separarsi più dalla sostanza intima che è la nostra identità.
L'intervista al soprano Maria Grazia Tringale è stata un percorso che dal volo verso il cielo ha portato ad aprire il varco della propria intimità dove ha sede la sorgente divina. Che quanto letto e ascoltato possa essere di aiuto a chiunque viaggi nello sconforto e cerchi quel raggio di sole fidato e amico a cui aggrapparsi. Ringrazio Maria Grazia per questa importante testimonianza di luce che la porterà a raggiungere alti traguardi incominciando da questa estate. Si esibirà in Calabria al fianco del brillante conduttore Mimmo Bova. A lei, a loro i migliori auguri di un futuro prodigo di gioie e soddisfazioni da parte mia e di tutta la Redazione..