L'alta cucina e l'identità di un territorio. INTERVISTA allo chef Filippo Cogliandro
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L'alta cucina e l'identità di un territorio. INTERVISTA allo chef Filippo Cogliandro

Quando ci riferiamo alla cucina stellata scatta l'associazione ai piatti artificiosi che vediamo riportati all'interno di prestigiose riviste.

(Foto di Franco Raineri)

L'alta cucina sposa nell'immaginario collettivo l'idea della creatività  combinata alla stravagante profusione di sapori e profumi, dando vita a prodotti estremamente originali ma non sempre rispondenti al palato e alla cultura del territorio. La ricerca del nuovo spinge la società  odierna a ricrearsi dal nulla anche attraverso la cultura del cibo, scalzando così il legame necessario tra l'uomo e il luogo. L'idea appoggiata  dai figli della nostra società è che di un piatto si debba apprezzare ciò che è  nuovo e che non stanca, diverso dal già visto e dal già provato. Questo concetto purtroppo tende a decontestualizzare la gastronomia e a determinare nella girovaga cultura odierna una cucina che non racconta di luoghi e sapori, ahimé del tutto intrisa della perniciosa logica della globalizzazione.

Per il Sud e in particolare  per quel Sud rinomato non per le sue straordinarie bellezze ma per le piaghe sociali, la logica su descritta è  assolutamente deleteria. Di grande rilevanza è  quindi l'impegno di talentuosi individui che grazie alle loro doti intrinseche lasciano detonare le proprie radici. Tra questi esempi animati da stoico impegno oltreché da raffinata preparazione, troviamo lo chef Filippo Cogliandro. Nativo di Lazzaro, suggestiva località del reggino, ha trasfuso nei suoi piatti la poliedricità  di sapori e odori che la Calabria, e in particolare quella meridionale, da tempo immemore possiede e concede.

Filippo, lei si dichiara innamorato perso della sua terra. Quali caratteristiche trasfonde nella sua cucina?

"La mia terra non si racconta, va vista, va vissuta, vanno capiti i ritmi di vita, va assaporata lentamente, nello stesso modo con cui si guarda un quadro, si ascolta una musica, si assapora un piatto. La Calabria si compone di tanti elementi e non può essere solo un racconto; deve essere una full immertion in emozioni, scoperte e sentimenti. Elementi questi, che si ritrovano nei miei piatti perché ogni cuoco che ama veramente il suo lavoro li mette in evidenza, forse inconsapevolmente, nella sua cucina, in quanto questo è un lavoro creativo, fatto di fantasia ma anche di ricordi e usanze apprese in famiglia."

La contraddistingue una profonda sensibilità artistica che in parte deriva da un percorso di studi atipico per chi sceglie la via della gastronomia. Ce lo racconta?

"Dico sempre “niente è per caso” e tutti gli eventi che mi sono successi dovevano accadere.... volevo seguire un percorso ecclesiastico, poi la vita, gli episodi familiari, le mille cose ed esperienze successe mi hanno spinto verso altre strade. Amo la storia, la letteratura, le lingue classiche , e soprattutto l’arte e la filosofia. Sono state proprio loro a permettermi di scoprire la mia terra."

Cosa rappresenta per lei la sua terra? E come vorrebbe che il mondo la vedesse?

"E’ il luogo dove sono nato e soprattutto sono cresciuto e  ricevuto un imprinting che mi porterò dentro per tutta la vita. Non avevo preventivato un futuro del genere, è stato come fosse una storia d’amore, un amore a prima vista cresciuto via via, apprezzando tutto quello che la vita ha saputo donarmi, dalla mia famiglia alla società, fino a portarmi ad una scelta convinta: la cucina. Le eccellenze naturali sono divenute il progetto dell’evoluzione della mia cucina, attraverso la selezione del buono, la ricerca delle migliori materie prime, utilizzate per dare una nuova visione della Calabria nel mondo. La Calabria, la Magna Grecia, è stata la culla della civiltà italica; è stata terra di approdo, di transito e di conquiste per i popoli che si trovano nel bacino del Mediterraneo e oltralpe. Tutto ciò ha permesso a questa terra di arricchirsi di storia, arte, cultura, bellezze paesaggistiche e gastronomia. Essa è la mia fonte di ispirazione, è colei che ogni giorno mi stupisce per la sua bellezza, per il suo animo, per ciò che è riuscita a partorire. Ho sempre in mente il racconto di Leonida Repaci sulla creazione della Calabria: “era teso in un vigore creativo il Signore e promise a se stesso di fare un capolavoro e la Calabria uscì dalle sue mani più bella della California e delle Hawai, più bella della Costa Azzurra e degli arcipelaghi giapponesi”

Molto belli ed emozionanti i suoi sentimenti per la Calabria. Quanto i microclimi presenti in questa regione influiscono sulla gastronomia locale?

"Danielle Pergament nel suo articolo "Il cibo italiano oltre le mete" postato sul NYT, scrive che i piatti migliori d'Italia si trovano proprio nella regione "di punta" dello stivale. Infatti il giornale americano mette in evidenza come la cucina calabrese di oggi non sia solo rappresentata dalla famosissima 'Nduja e dalla straordinaria produzione di Bergamotto di Reggio Calabria, ma anche e soprattutto dalla agricoltura, dai suoi olii extravergine d’oliva e dalla riscoperta di vitigni autoctoni. Si vive in un microambiente che varia giorno per giorno, non abbiamo inventato niente se non imparato a usare i prodotti tipici, effettuando ogni giorno un continuo dialogo con le risorse locali, parlando con i piccoli produttori agricoli, capaci di fornire cose vere, di qualità. Questo è il vantaggio di vivere in Calabria, una terra che attraverso i suoi microclimi permette di produrre e coltivare prodotti di ogni genere e soprattutto creare il giusto habitat per alcune produzioni esclusive che solo in questa terra sanno dare il meglio di sé."

Filippo, come mai la Calabria è poco considerata dall'alta gastronomia? Ci sono ragioni storiche precise che secondo lei incidono sulla valutazione di questa superlativa regione?

"La Calabria non ha mai avuto il giusto riconoscimento da parte dell’alta gastronomia perché si è sempre cercato il cosiddetto “prodotto principale” e mai il prodotto di accompagnamento che valorizzasse straordinariamente un piatto di gastronomia nazionale e internazionale. Pur non avendo una sua identità gastronomica “originaria”, è stata una terra che tanti hanno desiderato possedere proprio per la sua posizione e per la sua bellezza e grazie a questo, oggi è una terra che ha saputo conservare tutte quelle influenze gastronomiche trasmesse nei secoli e che oggi rappresentano il nostro patrimonio. Non dobbiamo dimenticare che è stata la Calabria la terra dove si è svolta parte dello studio-pilota del biologo Ancel Keys - il teorico che "inventò" oltre mezzo secolo fa, la dieta mediterranea, ponendo al centro Nicotera, in provincia di Vibo Valentia. Purtroppo viviamo in solitudine, essendo troppo lontani e quasi “irraggiungibili” dalla stampa nazionale e da quanto concerne stelle, cucchiai, cappelli e segnalazioni settoriali, ma all’estero la nostra cucina è diventata il miglior biglietto da visita che la Calabria potesse avere, dopo la pubblicazione sul New York Times che stila la classifica delle 52 mete turistiche imperdibili (2017) mettendo la Calabria come unica zona italiana in lista, per merito dei prodotti tipici e dell'alta cucina."

Lei sta realizzando una grande operazione che va ben oltre il discorso gastronomico e consiste nel fare delle influenze culturali pregresse il punto di forza della Calabria. Giusto?

"Sono un sognatore romantico che vede la cucina protagonista ed interprete delle culture della Calabria, dall’alta qualità delle materie prime raccolte nel suggestivo ambiente naturale con vigne, orti, frutteti e uliveti che circonda le realtà ristorative calabre. La mia vuole essere una riscoperta di prodotti tipici, autoctoni e reinterpretati, usati per accompagnare piatti particolari. Esempi sono il famigerato Bergamotto di Reggio Calabria, l’olio Ottobratico, il Sinopolese e la Carolea delle colline dell’Aspromonte, riproposti da me in antiche ricette. Non da meno la Stroncatura, la farina Maiorca e u Jurmanu per la produzione di pasta e pane artigianale. Da considerare prodotti come il Caciocavallo di Ciminà ed il Silano, lo Zafferano di Motta San Giovanni, l’Arancia tardiva di Villa San Giuseppe, Il Pomodoro di Belmonte, la Cipolla rossa di Tropea, il Pescespada, la ‘Nduja, la Liquirizia di Rossano, il Torrone di Bagnara e Taurianova, il Peperoncino, i Vini rossi, rosati e bianchi"

Una serie di materie prime e di prodotti che merita la giusta considerazione. Veniamo ora al suo ristorante. L'Accademia Gourmet ha una storia particolare che la collega ad altre persone. Ce ne vuole parlare?

"L’Accademia nasce per onorare un personaggio Jim Jansen, vissuto a Lazzaro negli anni 80, pittore “di corte” di Re Baldovino del Belgio, trasferitosi a Lazzaro, il paese in cui vivo. Apre in quella che era la sua villa, nel luogo in cui Jansen portò avanti la sua Accademia di pittura. Lui faceva arte con i suoi quadri, io con i miei piatti."

Il suo locale vanta una clientela variegata e una crescente presenza di giovani. Cosa trovano in più rispetto agli altri locali della città?

"In questi anni sono riuscito, insieme ad altri colleghi, a scuotere l’interesse verso una cucina più ricercata attraverso i nostri prodotti, proponendo una visione nuova sull’utilizzo delle materie prime. La città ha ristoranti che sanno proporsi molto bene e L’Accademia è tra i più interessanti della città, forse quello che comunica di più le esigenze dello chef, le mie. Vedo arrivare giovanissimi gourmand, i quali cominciano ad acquisire una nuova cultura gastronomica. Giovani che magari vogliono portare il proprio partner nel locale dello Chef Filippo Cogliandro."

Come nasce il progetto Calabria Gourmet? Da quali finalità è mosso?

"Calabria Gourmet nasce con l’obbiettivo di portare la cucina calabrese nell’alta cucina, per dimostrare che i nostri prodotti si possono abbinare e possono sposare tantissimi ingredienti di fama internazionale."

Filippo, ci racconta il suo Fata Morgana?

"Ho chiamato il mio ultimo menù Fata Morgana perché Reggio Calabria è ricca di tradizioni, leggende tramandate di generazione in generazione. Una fra le più conosciute è la Fata Morgana, una leggenda, affascinante, che nasce dalla posizione geografica della Calabria situata di fronte alla Sicilia. La Fata Morgana non è altro che un fenomeno ottico che possiamo ammirare spesso nello Stretto di Messina, come conseguenza di alcune condizioni atmosferiche. Tutt’oggi possiamo assistere a questo particolare fenomeno, durante il quale, nelle giornate particolarmente calde e col mare calmo, la città di Messina si specchia nelle acque dello Stretto sembrando un tutt’uno con Reggio Calabria. Con questo menu' ho voluto trasmettere la cultura visiva del cibo che appare un miraggio creativo."

Tramite il gusto e i sensi ci abbandoniamo a percorsi profondi che nutrono anche lo spirito. E' questo cio’ che lo chef Cogliandro trasmette e insegna travalicando ogni forma di presunzione che invece contamina oggi ogni settore, non ultimo  quello della cucina gourmet. Si è  umili se si sposa  la propria terra in tutti i suoi aspetti e i piatti di Filippo raccontano tutto questo come giardini di delizia. A lui i migliori auguri da parte mia e della Redazione.

 

Ippolita Sicoli
Ippolita Sicoli