Il presente e la letargia dei giovani. Intervista a Gianni Scudieri
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Il presente e la letargia dei giovani. Intervista a Gianni Scudieri

L'incapacità di produrre, oggi porta a riguardare  il tempo passato per ritrovare il sapore della giovinezza che al presente pochi conoscono.

In una societa’ che invoglia a spendere per l'infanzia e i giovani prestando fede ai principi dettati dal consumismo, gli adolescenti  e i ragazzi restano invisibili, ai margini delle iniziative  sociali e comunitarie alle quali, quando accade,  partecipano con distacco. Quasi fossero una base d'investimento in un presente poco solido per quanto attiene alla sostanza che, quando c'è, è compressa in sfere di vacuità, lasciandosi scomparire e morire nel silenzio. Pochi sono gli interventi sensati per ovviare a quanto avviene a questa gioventù incapace di elaborare criticamente   la realtà intorno e dentro,  e anche la musica insieme all'intero globo della cultura  pare abbia perso quella funzione trascinante e coinvolgente che decenni prima l'aveva caratterizzata.

In tanti si sono espressi in termini sociologici e a volte pomposi su quanto sta accadendo di nuovo e degenerativo rispetto al passato, ma pochi hanno saputo offrire sui temi della vita un resoconto trasparente  sull'epoca della svolta sessantottina  attuata anche attraverso  l'innovazione musicale. Tra questi ultimi  spicca il dirigente comunale di San Giuseppe Vesuviano, il dott. Gianni Scudieri. Appassionato di cultura e di arte in genere, scrittore versatile di narrativa, pubblicista e giornalista, attraverso  i suoi libri affronta con animo pacato che non apre a dure polemiche, i temi cruciali della cultura umana, la musica e l'amore.

VIDEO: Io e il rock RAIUNO

Dott. Scudieri, quando ha scoperto la passione per la scrittura?

“Quando ero giovane, avendo fatto giornalismo. Da narratore ho iniziato nel 2012 con “Io e il rock” la cui prefazione è  curata da Edoardo Bennato.  Successivo è invece  il romanzo “Una disperata ricerca” che affronta il grande tema dell'amore in modo serio e approfondito.”

Dalla musica all'amore, secondo lei i due temi sono collegati?

“L'amore è importante, è  tutto in quanto permette una visione completa ed esaustiva della vita.”

Quindi, dott.Scudieri, non c'è solo una consequenzialità cronologica a legare i due romanzi?

“La musica e l'amore percorrono due vie parallele. La musica però,  va oltre l'amore, in quanto.va oltre la vita. L'amore è  un  qualcosa di privato che si realizza e consuma nell'arco della vita.”

Nel romanzo ‘Io e il rock’ lei rivive l'epoca del Sessantotto attraverso un giovane di allora, un personaggio inventato che la rappresenta. Com'era vissuto l'amore dai giovani di quel tempo?

“A quei tempi si aveva voglia di bruciare velocemente le tappe. Si viveva molto del presente. L'amore e il sesso venivano consumati all'istante e l'amore era quindi immaturo, legato alle pulsioni giovanili. Era questo il modello  proposto dalla beat generation nata negli anni Quaranta  e sviluppatasi poi nel tempo e che poneva i giovani al centro dell'Universo.”

Lei considera il Sessantotto un movimento inutile, fallimentare?

“Non lo considero inutile, ma fallimentare, perché se realmente fosse diventato incisivo e planetario come fenomeno culturale, degli effetti li vedremmo ancora oggi. Ci sarebbero attualmente quei fermenti, quella vitalita'  che oggi invece manca in tutti i settori.”

C'era vitalità a quel tempo  ma c'era  anche tanta droga, vero?

“Io personalmente non ne ho mai fatto uso e credo di non essere  il solo. La droga veniva spesso nominata, è  vero, perché  considerata di stimolo all’apertura della coscienza superiore. C'era un discorso che potremmo definire culturale dietro l'assunzione di sostanze, molto presente soprattutto negli ambienti musicali.”

Come vede lei i giovani di oggi?

“Li vedo assorbiti totalmente dal computer. Ne sono ormai schiavi. La loro vita e’ tutta lì, inscatolata nel computer.”

Lei ha fede? Crede in qualcosa a cui si rapporta costantemente?

“Io credo nella spiritualità, la sostanza che c'è  in noi e che ci porta a dedicarci all'arte e alla cultura, rappresentandoci.”

Lei ha vissuto molte esperienze  nella sua vita che l'hanno portato  costantemente a confrontarsi con essa, vero?

“Sì,  sono stato cantante  in diversi gruppi di quell'epoca. Negli anni Settanta ho fondato Radio Onda Vesuviana e ho lavorato come dj. Poi ho partecipato come comparsa in un film e ho avuto tante altre esperienze ancora.”

Erano anni di grande entusiasmo, quelli. Vero?

“Sì. C'era tanta voglia di fare a differenza di oggi che viviamo una situazione di stallo in tutti i settori. C'è  carenza di idee e di progetti anche nella musica. È come se a quel tempo avessimo vissuto nel futuro e oggi si fossimo trasferiti invece nel passato.”

Ha ragione, e questo si ripercuote anche nella politica, non è  così?

“Io non mi occupo di politica, ma ritengo che la politica entri nella vita di chiunque. Oggi rispetto a una volta c'è una macroscopica differenza. I politici di allora, le persone  di allora erano di parola. Quelli di oggi riflettono la società  odierna e si rimangiano tutto ciò  che avevano detto in partenza.”

Crede che si possa ancora parlare oggi di ideologia?

“Assolutamente no. Occorre valutare le persone singolarmente. Sono gli individui singoli a fare la differenza.”

Una delle emergenze odierne  sulle quali le istituzioni deludono è  l'immigrazione. Si parla in merito di contaminazione produttiva tra le culture. Lei ritiene che effettivamente ci sia? Avverte un certo stimolo, ad esempio nella creatività musicale, apportato dall'immigrazione?

“Io dico che questa immigrazione non sta apportando nulla di buono. Altro è  stata la deportazione dei neri d'America che hanno introdotto  nuovi generi musicali come il Jazz e il Blues. Ma quelli erano schiavi e la musica, come tutta l'arte, nasce dal dolore. Gli immigrati di oggi arrivano qui in buona salute e provvisti di tutto. Non c'e' confronto.”

E dei giovani cosa pensa? La entusiasma la gioventù odierna?

“I giovani di oggi sembra che conoscano tutto, in realtà non sanno molte cose. Un tempo i giovani erano appassionati da ciò  che non conoscevano e s'impegnavano per saperlo. Consultavano i libri, facevano ricerche. Oggi invece pensano che quanto dice il computer possa loro bastare e non si appassionano  a nulla.”

Riguardo a questo, lei trova che la scuola abbia una qualche responsabilità?

“Sicuramente sì. La scuola funziona male. Manca una buona programmazione  e il confronto col territorio. Le leggi sono cavillose e spesso intralciano l'operato  di dirigenti e docenti.”

Si ha quasi l'impressione che la cultura oggi non sia vista di buon occhio da chi ci amministra. Forse perché  ci aprirebbe la mente fornendoci il giusto discernimento su quanto avviene. Forse è  proprio  come dice il dott. Scudieri, stiamo procedendo e trasferendoci in un passato che a mio avviso rimane sospeso sul filo della storia, incapace di sviluppare un presente e di dare vita e corpo a nuove idee. Chissà! Forse il rock aprirebbe nei giovani nuovi canali di percezione della realtà al contrario dei ritmi e dei generi del momento che anestesizzano e assuefanno a una condizione di torpore alla quale dovremmo tutti ribellarci.

 

Ippolita Sicoli
Ippolita Sicoli