La Calabria è terra di fantasia e di approdi non facili, rifugio di tante microetnie abbarbicate tra i dirupi sui monti. Accoglie e respinge, e lascia avvertire attraverso i suoi paesaggi di rara suggestione la presenza di un Dio che strizza l'occhio e par che dorma. E’ terra di abbandoni e di arrivi, ospita ma è poco ospitale. Terra di riflessioni e di passeggiate meditabonde nei boschi contemplativi. Vivere in Calabria non e’ facile, eppure richiama e attrae soprattutto chi ha un’anima che spicca nitida nel fango del mondo. La Calabria e’ amata da chi ce l’ha nell'anima, nonostante ciò poco ama chi da Calabrese intende investire nel suo territorio per fare cultura e, nello specifico,dedicarsi al cinema d'autore.
“Fare cinema oggi è poco dispendioso rispetto al passato, ma molto complicato - mi confida il regista Renato Pagliuso - La pellicola digitale ha aperto a tutti l’accesso al mondo del cinema, facendo credere che tutto sia più facile. Ma la realtà e’ un’altra. Fare cinema e cinema di qualità e’ pressoché impossibile. Devi frequentare i giri giusti, avvalerti di contatti politici importanti che ti facciano arrivare i finanziamenti quasi sempre erogati a produttori e registi che propendano per film leggeri perché non dispendiosi.”
Avverto una certa amarezza nella sua voce perché questo e’ un argomento assai dolente per Renato Pagliuso, regista talentuoso che nel film Racconto Calabrese ha narrato una Calabria diversa, estranea ai soliti cliché che la vedono terra di mafia e di nessuno. La sua e’ una Calabria animata di poesia autentica che solletica le corde interiori e incuriosisce i visitatori.
Come è fare cinema in Calabria? gli chiedo, ben sapendo l’amara delusione che gli ha lasciato dentro un film che irradia la luce di questa meravigliosa regione.
“Purtroppo sono ancora molto rammaricato. Ci ho messo tutto me stesso in questo film che ho seguito dal nascere fino alla fine con cura e dedizione. “Racconto calabrese” è un film concepito, scritto e rivolto alla Calabria, a una Calabria lontana dai giri di parole e da ogni artificioso tentativo di decifrarla razionalmente, avvolta nel mistero delle sue radici. Questa che non esito a definire la mia Calabria dovrebbe smuovere la coscienza innanzitutto dei Calabresi, assuefatti e rassegnati a una condizione che richiede il riscatto.”
Il film e’ scritto e girato interamente da lei, maestro Pagliuso, vero?
“Proprio cosi’. Ho scelto un cast d’eccezione per questo film che ha visto tra gli altri la partecipazione nel ruolo di protagonista dell’attore Robert Woods. Un film con delle inquadrature strepitose che colgono il Pollino nella sua potente bellezza. La locali in cui e’ ambientato è Morano Calabro, un paese di poche anime ma un vero e proprio gioiello.”
Infatti” intervengo io e chiedo:“Cosa l’ha deluso?
“Mi ha deluso la mancanza di attenzione da parte di tutti. A iniziare dalle autorità locali che si sono rese invisibili e disinteressate ad avvicinarmi, a incontrarmi, a conoscere il cast, nonché le motivazioni alla base di questo film. La disattenzione non riguarda solo il Comune di Morano. Il film doveva essere proiettato in 144 sale, ma alla fine solo 14 mi hanno dato la disponibilità. Lo stesso posso dire delle scuole. Il film si presta ad essere visto dalle scolaresche perché bello, appassionante, formativo. Eppure, nonostante mi sia speso in prima persona a contattare dirigenti e insegnanti, solo in poche scuole e’ stato visto. Tanto impegno, tanto lavoro per nulla riconosciuti.”
Ha seminato bene, ma i tempi di raccolta sono lunghi. Girerà ancora film qui in Calabria?
Sospira, dopodiché con quel suo atteggiamento pacato che lo contraddistingue risponde:
“Lo vorrei, anche se girare qui in Calabria per un Calabrese è pressoché impossibile. La Calabria Film Commission assegna 30 punti, il massimo, al film che è supportato da una buona casa di produzione, 10 punti alla qualità del film, e 5 punti ad altre voci. Di conseguenza il cinema calabrese viene ad essere penalizzato per dar spazio ai professionisti esterni che vengono qui a girare, disinteressati completamente al territorio, e la Calabria finisce con l’essere ancora una volta sfruttata, per nulla vissuta ”.
Come accadeva un tempo, mi viene da pensare. Arrivavano i predoni, gli usurpatori da fuori e non lasciavano niente, ma è pur vero che la storia almeno una cosa dovrebbe insegnarla. L’importanza di reinventarsi di volta in volta per realizzare la propria dignità. La necessita’ di trarre la forza da se stessi per andare avanti come popolo radicato. Tutti dovrebbero impegnarsi in prima persona al dispiegamento del destino individuale e comunitario. Siamo chiamati tutti a questa missione importante ed e’ ignobile sottrarvisi.
In Calabria ognuno dovrebbe mettersi in gioco in prima persona ma nessuno o quasi è così audace da tentare.
Chissà che un giorno questa regione non recuperi la sua atavica fierezza per raccontare di sé e non dei torti subiti. A tale scopo vorremmo che Racconto Calabrese non giacesse nel dimenticatoio delle coscienze, ma preparasse un nuovo cammino tra i crinali e la profondità degli spazi che fanno della Calabria una terra dalla forza straordinaria ma ancora tristemente assopita.