Nel piccolo museo attiguo alla chiesa del complesso monumentale di San Bernardino di Amantea, ci viene incontro da lunghi secoli di silenzio la statua della Madonnina del Pane.
Essa appare scolpita da un genio puerile che scarsa importanza ha infuso nella ricerca stilistica, privilegiando a priori l'impatto emotivo con l'opera stessa. La rotondità del volto, grande rispetto al tronco, sollecita il visitatore a guardare dentro se stesso per ritrovare traccia di quell'inflessibile armonia che trasborda dai lineamenti della statua. È un volto privo di fronzoli a richiamarci, eppure unico nella sua arcana evocazione.
La Madonnina nella sua umiltà siede su un trono sprovvisto di qualsiasi decoro ed è questo un elemento che aggiunge ulteriore stupore in chi la osservi. La solennità che promana dalla statua è accresciuta dal materiale di cui è costituita. La pietra, per giunta locale e non in marmo, conferisce spessore ieratico alla scultura che viene proiettata a ritroso, verso la dimensione più arcana. In grembo la Madonnina regge il frutto del suo ventre, il piccolo Gesù. Anche il volto del Bambinello è grande in rapporto al tronco e l'orecchio finemente scolpito rimanda anch'esso, come lo studio delle proporzioni, a una fattura arcaica, tipica delle aree mediorientali.
Osservando la statua non si può rimanere indifferenti dinanzi al sole raffigurato come una stella a più raggi che il Bambinello tiene tra le braccia. Questo particolare è stato scolpito proprio all'altezza del cuore di Gesù, a voler rimarcare l'origine divina dello Stesso. Il Bambinello risulta essere la trasposizione cristiana del dio Mitra e l'elemento iconografico che avvalora tale tesi è rappresentato proprio dal sole che Egli custodisce tra le braccia.
Come spesso succede, al percorso religioso-culturale si affianca quello popolare imbastito su una fede ingenua e spontanea, che veicola ben più profondi misteri. Dal dettaglio del sole presente nella statua trae ispirazione la tradizione amanteana del Natalicchio che consiste nell' impastare il pane a forma di sole, in occasione del Natale. Alla luce di ciò comprendiamo il nome della statua "del Pane".
A questo va aggiunta l'identificazione della rappresentazione archetipica del Figlio (qui espresso da Gesù Bambino) col pane, un alimento molto antico e ampiamente diffuso, connesso con le primitive tradizioni pagane rivolte alla dea Madre. Il grano, i cereali rievocano l'antica dimensione della dea Cerere ed Iside espressa dalle statuine panciute (le antiche veneri) legate al culto della fertilità.
Il grano cresce, matura e così diviene farina, accompagnando il ciclo di sviluppo della donna attraverso la ruota delle stagioni. Il processo di lievitazione richiama la capacità procreatrice della donna, emblema della fertilità e il pane quindi prodotto riesuma nell'immaginarioio collettivo l'archetipo del Figlio. Ciò spiega il nome del lievito naturale chiamato ancora oggi "madre" e perché le religioni diairetiche (ossia di tradizione maschile, fondate sul principio della Luce, dalla radice sanscrita dy da cui deriva anche il sostantivo dio) di contro a quelle ctonie (sotterranee, di tradizione femminile) contemplino il pane azzimo, senza lievito.
Come nell'Ebraismo e nell'Islamismo, anche il Cristianesimo, di derivazione ebraica, ha subito l'influenza della cultura patriarcale. Per tradizione, difatti, l'ostia si ottiene dal pane non lievitato.
(dal saggio di Antropologia ed Esoterismo "Nel ventre della luce" di Ippolita Sicoli editore Carratelli)