La voracità del nostro tempo è il risultato di processi socioculturali che hanno portato alla ribalta una concezione nuova della donna in rapporto al mondo del lavoro. La donna meta conclusiva del percorso di perfezione dell'uomo si è organizzata, scendendo da quel piedistallo di alte idealità che per secoli l'hanno accostata alla Bellezza. La riorganizzazione della cultura in chiave sociale e il processo di volgarizzazione dei corpi è la concausa e l'effetto della banalizzazione a cui non sfugge persino l'arte.
L'arte era vita fino agli inizi del Novecento. Era vita e morte e s'inseriva nel solco della tradizione manieristica che la rendeva non facilmente accessibile se non di chi in possesso di particolari corredi simbolici. L'aristocrazia e i vertici della società si sono fregiate per secoli e millenni di aver stretto un gemellaggio simbiotico con l'arte di cui si sono rese detentrici e destinatarie. La decadenza dell'arte sembra coincidere con l'ammodernamento dei tempi di cui la borghesia e la successiva classe imprenditoriale si sono fatte promotrici, relegando alla periferia della considerazione sociale l'aristocrazia di cui oggi si sente poco parlare.
La nobiltà viene quindi relegata a una realtà improduttiva e parassita dedita ai trastulli salottieri che poco incidono nel cammino della società attuale. Viziata e modaiola, la nobiltà sembra vivere in un mondo tutto suo, lontano dai riflettori del gossip, a meno che non riguardi gli Stati tuttora monarchici come l'Inghilterra. Qui in Italia la nobiltà sembra perdere sempre più vigore, complice la triste pagina di storia della Piemontesizzazione del Sud in relazione ai moti risorgimentali che hanno portato all'Unita' Nazionale indispensabile per molti, inutile se non deleteria per altri. Eppure, ci sono paesi qui nel Sud in cui la fierezza di appartenenza al territorio si mescola e amalgama a un sentimento nostalgico verso quella Bellezza intrisa di valori mandati in letargo dalla modernità ma che non si arrendono. Il mondo superato non è sepolto ma vibra di consistenza per l'impegno ancora attuale di quegli ordini cavallereschi di impostazione cattolica che li mantengono in vita.
A tal proposito sabato Tropea ha lasciato parlare di sé non per le sue doti paesaggistiche note a livello mondiale, ma per aver accolto la principessa Beatrice di Borbone e delle Due Sicilie alla città legata da un trascorso storico memorabile. In qualità di prefetto del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio ha presieduto alla solenne funzione religiosa nella Concattedrale di Tropea, tenutasi per l'investitura di 25 tra cavalieri e dame. Per molti tale evento assume connotati folklorici, per altri è la riprova di un sentimento nostalgico verso un mondo ormai scomparso, per altri ancora l'occasione per dignitari e rampolli di casati antichi in cerca di visibilità di mostrarsi pubblicamente.
In realtà, i cavalierati, in particolare quello di San Giorgio legato da ragioni storiche e di fede alla dinastia dei Borbone, ancora oggi ha un ruolo sociale che molti ignorano. Impegnato a offrire conforto materiale e spirituale ai disagiati, a conclusione della solenne celebrazione ha ricordato tramite il suo vicario, l’utilità della sua presenza in una regione, la Calabria, ultima per mancanza di lavoro e servizi. I principi su cui si basa l'Ordine sono rimasti ben saldi nei secoli e oggi, nella decadenza generalizzata che ci riguarda, siano d'ispirazione a un ritorno di modelli garanti di quei valori che vedono la Bellezza ridefinita e completata dalle virtù dell'anima.