Cio’ accade anche a Pizzo Calabro. Il pensiero sopra espresso e’ parte della suggestione immaginifica che comunica l'affascinante affaccio sul mare dal castello tristemente noto per aver ospitato nel suo ultimo periodo di vita Gioacchino Murat. Una targa posta sul frontespizio dell’accesso alla sala della fucilazione, riporta le parole dello scrittore Alexander Dumas padre a seguito della profonda riflessione sulla ingiusta esecuzione.
Pizzo quel tragico giorno di ottobre del 1815 ha scelto di varcare la soglia della storia macchiandosi di un delitto tuttora cosparso di ombre, che divide gli storici. La figura di Murat è ancora intrappolata tra le spire di una mentalita’ condannata dall'ignoranza a perseverare nel suo retaggio culturale che penalizza gli ideali e foraggia il potere. Da allora il Sud nell'affannosa ricerca del riscatto storico non riesce ad affrancarsi dal pensiero condizionante di chi ha tramato dietro le quinte di quel crudele assassinio. Gli ideali rendono gli uomini figure di valore e quindi scomode per chi conduce una vita sul piano delle soddisfazioni materiali e utilizza i semplici per realizzare i suoi biechi piani.
Questo e’ uno degli argomenti chiave intorno a cui sabato 6 aprile nel castello di Pizzo si e’ sviluppato l’incontro presentazione del libro “Joachim Murat” dello storico Vincenzo Villella, presieduto dall’Associazione Culturale Gioacchino Murat di Pizzo. L'intento è stato quello di fornire la giusta lettura storica di un evento che ha condizionato la storia dell'Unita’ nazionale e in particolare del Mezzogiorno. Ancora molti rifiutano di vedere dietro l'esecuzione di Murat un complotto ordito a pennello da Ferdinando di Borbone con la complicita’ dei potentati europei ed eseguito col consenso della folla sobillata contro Murat dall’esercito. Nonostante fosse munito di due salvacondotti, per l’Inghilterra e per l’Austria, Murat mori’ in solitudine tradito da un Meridione che lui credeva di poter cambiare e di annettere a uno stato unico e indipendente da ogni ibgerenza straniera. Purtroppo cosi’ non e’ stato. La fucilazione fi Murat ha ritardato di ben 45 anni l’unificaziobe nazionale che abbiamo, soprattutto al Sud, pagato a caro prezzo con l’invasione piemontese, il brigantaggio e la questione meridionale ancora irrisolta.
Si e’ voluto ricordare non solo un re, ma un grande uomo che aspetta ancora a distanza di 200 anni che si faccia giustizia. In un'epoca in cui gli ideali di patria, servizio e famiglia latitano pesantemente, la figura di Murat ritorna più attuale che mai.
Di grande emozione è stata la lettura in sala delle ultime lettere del re francese prima della sua morte. Particolarmente emozionante la lettera di addio alla moglie e ai figli. A conclusione della serata i tre canti patriottici intonati dall’eccellente soprano Claudia Andolfi ci hanno riportati a un tempo della nostra storia che considera inutile e sorpassato oggi, chi non riconosce il valore della Patria.