Ogni guerra è assenza di civiltà. Sopraffazione, violenza e disperazione sono tra gli attributi più comuni che definiscono ma non circoscrivono questa spietata realtà.
Regolare la guerra sulla base di principi etici e' un'impresa accattivante quanto irrealistica per la crudezza dell'odio che li si manifesta. La guerra è morte e sterminio conclamato o mascherato, e non conosce vinti nè vincitori. E' di per sè una sconfitta per ogni percorso individuale o sociale che segni la storia dell'uomo. Una battuta d'arresto che sprona l'anima a sbizzarrirsi sulla pista di quei sentimenti a lungo taciuti o imbrigliati nell'inestricabile matassa dell'odio.
Il popolo meridionale da tempi immemorabili è costretto a confrontarsi con le cicliche ritornanti di soprusi e abusi da parte di conquistatori e usurpatori. L'arrendevolezza spesso mostrata nei confronti del conquistatore di turno non è che la dimostrazione reiterata di un corso storico al quale si risponde con quella rassegnazione che denota l'incapacità di riuscire a contrapporsi per mancanza di ideali, quindi di cultura. L'ignoranza è il connaturato nemico dell'uomo capace, al pari delle passioni umane, di ottundere qualsiasi forma di reazione e di ribellione., e il popolo italiano con particolare riguardo a quello meridionale, non sfugge a questa analisi.. La rivolta dei briganti contro il conquistatore francese prima e l'esercito garibaldino dopo è un chiaro esempio di lotta condotta con una misera pianificazione e in assenza di quella concertazione collettiva che il conseguimento dell'obiettivo avrebbe richiesto.
Attribuire ogni responsabilità dell'attuale condizione di dissesto in cui marcia l'Italia peninsulare all'unità nazionale, sarebbe una negligenza storica non trascurabile. Che il processo di unificazione sia avvenuto secondo modalità coercitive che hanno forzato i tempi e i processi di maturazione è un dato inconfutabile, ma di certo le piaghe sociali e culturali erano preesistenti e secolarizzate.. La contrapposizione Impero Borbonico da un lato e la conquista dei Francesi con Murat dall'altra sta risvegliando una forma di patriottismo meridionale con il benefico risultato di riscoprire e rivalorizzare le proprie radici. Una certa verità a lungo taciuta sta venendo finalmente a galla, rinvigorendo la fierezza di chi, svincolandosi dalla narrazione ufficiale dei fatti, sta rileggendo la storia e tende a riscoprire il denominatore comune di difesa della propria libertà e autonomia delle singole aree meridionali rispetto agli avvenimenti che hanno costellato il '700 e l''800.
La fiera riappropriazione delle proprie radici non deve essere pero' foraggiata da una viziata e distorta analisi dei fatti. Sorge a riguardo il dubbio che l'onda di entusiasmo cavalcata dal popolo meridionale stia di fatti offuscando l'oggettività degli avvenimenti storici. Va pertanto riconsiderato il quadro storico e filosofico dell'età risorgimentale, e la complessa frammentazione del suolo italiano. Pertanto la Storia andrebbe non cambiata, bensì riletta col senno di poi, non basandosi su date e singoli eventi ma sull'individuazione e l'osservazione accurata di un tracciato nel suo insieme. Alla luce di ciò attribuire agli Spagnoli rappresentati dai Borbone il merito di aver slanciato il Meridione verso il progresso, non può essere considerato verità legittima. Al di là degli episodi significativi delle ferriere in Calabria e della costruzione della prima linea ferroviaria di Napoli Portici, per citarne alcuni, rest di fatto che gli Spagnoli hanno mantenuto intatta una visione sociale conservatrice e di stampo feudale. Non dimentichiamo che l'Illuminismo cavalcato dalle progredite nazioni europee ha portato all'affermazione del principio di laicità grazie a filosofi come Hume e Kant, cosi come i principi di fratellanza e di uguaglianza, nonché l'ammutinamento degli antichi schemi sociali che gli Spagnoli tendevano a conservare per loro prestigio. Ancora oggi presente a tal proposito, il fenomeno del caporalato diffusissimo specie in Puglia e in Campania e il ruolo del massaro che con tracotanza esercitava il suo potere nelle masserie, esempi di piccole corti spagnole. La ius prime noctis riportata dal Manzoni ne I promessi sposi riconduce alla dominazione degli Spagnoli nel '600 presa come esempio dallo scrittore milanese per raccontare un'epoca di arbitrari soprusi e sostenere le ragioni del Risorgimento che attraverso la promulgazione dei suoi ideali, ha spianato la strada al concetto di nazione.