Da quando hanno smesso di testare i farmaci sugli animali, hanno iniziato con le persone. Mi viene da pensare che questa cultura di esagerato rispetto per gli animali venga manipolata dall'alto a fini torbidi, destinati a macabre ricadute sul genere umano che porterebbero a uno sfoltimento della popolazione mondiale.
Anche in passato l'uomo ha applicato violenza sugli animali al fine di renderli sottomessi a lui. La castrazione del toro ne è un esempio. Teniamo conto di un fatto, ossia che l'uomo ha sempre temuto fin dalla notte dei tempi ciò che appariva sproporzionatamente grosso e grande in rapporto a lui. Il rapporto tra l'uomo e il mastodontico è sempre stato a svantaggio del primo. Ciò a seguito di cataclismi come il diluvio universale o di crolli di fianchi di montagne, così come si pensa anche al seguito di un confronto diretto con esseri di altra specie umana come i giganti, che hanno sedimentato nell'uomo paure ancestrali.
Ancora oggi si usa in riferimento a una persona molto alta e massiccia l'espressione "bestione" che ha sì il suo valore spregiativo, ma altresì rende l'idea di un corpo sgraziato. La grazia, risposta concessa da Dio all'umiltà, ben rappresentata nella donna, tiene conto del senso di misura espresso dalle proporzioni anche fisiche. La grazia si esprime in ciò che è minuto e che quindi riflette l'appartenenza al suo Creatore. La castità deriva dall'incrocio con la misura e la grazia ed è altro dalla verginità. Per capire cosa s'intende per "casta" dobbiamo ricondurci ancora una volta ai bovini e al significato di "castrato".
Il toro giovane castrato diventa bue. Acquista quella disciplina interiore prima ignorata. "Castrato" e "casto" si appartengono e danno luogo a riflessioni interessanti. Abbiamo visto come il primo stimoli a rappresentazioni mortificanti di disciplinata libertà. Il chiostro è uno spazio di libertà all'interno del convento. Il casto è colui che riacquista il senso della moderazione che va a congiungersi con la grazia. Il casto è quindi il puro non sotto l'aspetto sessuale, ma in base alle virtù intrinseche che moderano ogni eccesso.
La castità è dei beati ma è soprattutto in rapporto alla donna che matura la sua pienezza di significato.
Nel Rinascimento in cui tutto veniva smussato nell'impavida ricerca della misura in tutte le cose, la castità si risveglia nella pittura trasparendo da volti e da espressioni della donna appena pronunciate, che non sommuovono. La ritroviamo nelle opere di alto profilo pittorico di allora, in Leonardo, in Raffaello e negli altri. Il senso di misura percepito dalla Gioconda che rivela un attento studio sulle luci e sulle ombre riconduce al sapore di castità il cui esempio in natura è sublimalmente rappresentato dalla schiusura di un bocciolo di rosa. Ridere è una forma di violazione della castità che assume importanza macroscopica già nel Medioevo. Il sorriso esprime castità perché eleva e non è frutto di alcuna smoderazione.
"Casta" lo leghiamo anche a "catasta": una forma di impilamento di doghe e travi che quindi spinge verso l'alto. L'accatastamento prevede un ordine preciso anche se volgarmente un qualsiasi cumulo di materiale riposto viene definito catasta. L'ufficio del Catasto si occupa di protocollare i documenti relativi agli immobili di proprietà. La castità è un valore che la castellana o qualsiasi dama coniugata nel Medioevo non dovrebbe assolutamente trasgredire. La rende libera perché matura da sé stessa e dall'educazione ricevuta che lei lascia esprimere senza eccessi.