La dea Vesta è strettamente connessa già nel nome al rito di accensione del fuoco. La parola Vesta la connettiamo al termine Estate che ha il suo significato in Essere così come in Bruciare. Siamo presenti con la consapevolezza più piena di noi stessi, nel momento in cui bruciamo la dimensione del tempo.
Essere presente significa bruciare la mente e le emozioni. Ossia consumare, e l'estate è la stagione in cui nel bene e nel male ardiamo in noi stessi. Dico anche "nel male" perché l'estate ci rende impulsivi e distratti portandoci al deragliamento su comportamenti che poi, col senno di poi, ci fanno pentire. Vesta era la dea al cui onore veniva acceso il fuoco sacro del tempio cittadino, controllato e assistito di continuo dalle vestali, le sacerdotesse tenute a mantenere uno stile di vita irreprensibile.
Il fuoco per gli antichi romani era sacro, come ci riferiscono anche gli dei Lari che proteggevano il focolare della casa. Il fuoco ci riporta a Dio e diviene luce sacra che riscalda l'anima e illumina i pensieri. L'azione catartica espletata dal fuoco si svolge anche attraverso la sinuosità della danza che le fiamme compiono. Attraverso la sensualità funicolare, esse liberano di ogni connotato volgare l'espressività umana. Per questo le fiamme si associano al vero che divora l'illusorietà della vita, accostandosi spesso al discorso del peccato originale compiuto per disobbedienza. La conoscenza del fuoco porta l'uomo oltre se stesso ma secondo vie traverse, non legittime. Il fuoco ardendo brucia il tempo e assottiglia lo spazio dell'attesa. Dev'essere colto come conquista e non furto e su questo concetto la cultura greca si mostra intransigente. Capiamo da qui il motivo per cui le vestali indossassero tuniche leggere e trasparenti, rimandando a quel concetto di primordiale purezza che le elevava a divinità vere e proprie al pari della loro dea Vesta.
Il "vestito" si riconduce al discorso ora affrontato. Il vestito è connesso alla caduta nel tempo. L'uomo e la donna si accorsero di essere nudi e la nudità è espressione dell'obbedienza che determina il legame inscindibile tra Fattore e Fattura. Il fuoco e la sua scoperta ci pongono di fronte alla conseguenza della caduta alla periferia di Dio. Il fuoco era Dio inizialmente e l'uomo e la donna non vedevano altra necessità al difuori di Dio. La necessità del vestito subentra dopo, nel momento del trasferimento sulla terra incolta che va accudita e lavorata attraverso il duro impegno anche fisico.
Il fuoco sugli altari di ogni fede ci ricorda questo accadimento di separazione dell'uomo da Dio e il bisogno di ricongiungersi al Creatore attraverso il dono di quanto Egli rappresenta.
La Shekinah per gli Ebrei è il fuoco acceso, la presenza di Dio. Il fuoco degli Inferi ci riconduce ancora allo stesso episodio della caduta che però ha come soggetto Lucifero, l'angelo prediletto di Dio. Ancora più grave è il peccato di Lucifero, l'angelo splendente associato al pianeta Venere che porge la luce anticipando l'aurora. Venere ricorda all'uomo il triste episodio della Caduta ed è di ammonimento diretto a tutti noi di mitigare ogni forma di superbia. Lucifero è stato scaraventato da Colui che è come Dio, l'Arcangelo Michele non sulla terra, ma sotto di essa, negli Inferi dove brucia eternamente e dolorosamente della sua luce.
Il fuoco insegna a mitigare nell'uomo ogni forma di eccesso materiale e di ambizione spirituale. Il fuoco educa all'osservanza delle regole e all'obbedienza che consiste nella giusta attesa del momento propizio che spinge l'uomo a lavorare su se stesso e a guadagnarsi ogni conquista. È eroico portare a frutto il fuoco che si ha dentro, sotto forma di ingegno donato da Dio. Le vie traverse e le scorciatoie per la conquista del fuoco non sono ammesse e vengono punite dall'Alto severamente.