È del male odierno associare il vuoto a una condizione di inermità asfissiante. Il vuoto interiore si traduce nella forma di nichilismo che vivono tanti artisti ed è stimolata dall'impossibilità di trovare un varco nella solitudine. Il vuoto è il nonsenso esteriore venuto a galla nella dilatazione della società sorretta da legami sempre più lenti e ossidati.
È della città la rarefazione dei rapporti secondo i dettami della tradizione che vorrebbe invece la comunicazione non a sé stante rispetto al calore umano consolidatosi come valore archetipico, bensì come elevazione dell'uomo dalle sue viscerali profondità. È della eccessiva inurbazione la dimenticanza da chi siamo e la conseguente dispersione che si traduce in attrattiva amaliatrice e seduttiva che ci deconcentra da chi diamo e dai contenuti ai quali aspiriamo.
È quindi consequenziale il fatto che negli ambienti umili in cui si è protratto di contro all'invasiva gramigna della modernità uno stile di vita rimasto illeso nel tempo, le tradizioni sopravvivano riconsegnandoci il vero e primitivo sapore delle Feste. Il suo odore.
Il fuoco continua a parlare il linguaggio dei pochi artigiani ancora sopravvissuti che nei paesi raccolti si ritrovano riproponendo l'idea del cerchio che protegge e salva chi assiste dall'esterno alla loro gioia di ritrovarsi. La Festa è tendenzialmente un ritrovare il lato buono dell'umanità smarrito. Il fuoco che arde e conferisce da Dio all'uomo il genio della potenza creativa che si alimenta tramite i rapporti, in città è sostituito dal gioco di luci che incanta e lascia più soli. S'immagina la vita in città e il seduttivo gioco del consumismo assorbe e dilania interiormente facendo sognare chi non è in linea con le proprie potenzialità di crescita. A differenza del gioco seduttivo di luci il fuoco è sempre di compagnia, perché intorno ad esso ci si ritrova e si ritrova il proprio contatto con Dio.
Il fuoco che alimenta i luoghi sacri non è acceso per caso. Deriva dalla fiamma che arde ed è consacrata a Dio perché donata da Lui ai ministri del rito, e viene riposto nel luogo sacro a Lui destinato. Da ciò la sacralità del fuoco che risponde anche alla presenza del Santissimo che rende sacro un luogo di culto cristiano. È la presenza di Dio, la Shekinah ebraica.
In ogni cultura il fuoco è sacro e illumina l'altare e l'ara primitiva. "Ara" parola speculare, ci parla non tanto della pietra in sé, ma del fuoco che la consacra. Dio ha donato il fuoco all'uomo e l'uomo ringraziandolo lo consacra a Dio. Che l'uomo l'abbia rubato o scoperto dietro illuminazione divina, il fuoco è stato comunque voluto da Dio e dietro la sua specifica volontà, esso è stato trasmesso all'uomo.
Anche l'Ultima Cena ci parla del fuoco alla base della cottura del pane. Il fuoco è nel corpo dell'uomo attraverso gli oggetti e il cibo che tocca e assume. È l'ingegno creativo e il lume del pensiero, e dove c'è un fuoco s'innalza una preghiera.