Chi legge, è figlio degli alberi. Ha braccia tese ovunque, non per proteggersi o attaccare, ma per estendersi. È bella l'associazione del finito che cerca di costruirsi le sue aperture e di tracciare nuove vie di respiro per sé stesso e per gli altri.
Un albero non sa quanti rami allungherà, perché è nella sua necessità espandersi, creando trame di linguaggio con i suoi simili e con chi è con lui in un seme univoco di primitiva esigenza. Il bosco è l'albero e non c'è fazzoletto di bosco seppur minimo e racchiuso in un centrino che non sia lo spaccato di infiniti misteri retti da legami microscopici. Quando parliamo di mistero non ragioniamo mai in termini di quantità, perché ogni mistero è una realtà combinata e inafferrabile che introduce ad altre verità in un campo infinito di perlustrazioni.
Tramite il mistero ci rendiamo anche noi infiniti e qui, in questo, è la magia della ricerca artistica partita da un viaggio nel bosco.
Le maschere apotropaiche introducono a quanto sospettabile appena e appena intuibile. La sorpresa è il bosco con un'animale famelico che ti spunta davanti all'improvviso, o una foglia che cade come una benedizione. In un edificio sacro c'è tutto questo ma è inutile entrare se si ha paura di essere mangiati. Il Sacro ci divora e se non si è disposti a questo, è inutile ogni passo.
Gesù ha istituito l'Ultima Cena e l'Eucaristia perché, attraverso quanto è distante dal corpo poiché fatto di grano, fosse l'accesso a un mondo imperlustrabile dalla ragione e fatto di legami talmente sottili, propri della dimensione magica. Simile e simile si ritrovano e questo è il ragionamento della logica scientista. Altro è dire che i simili si ritrovano nelle loro similitudini nascoste. Ecco perché il Simbolo è patrimonio nobile del regno magico.
L'approccio del Seicento al Naturalismo non segue le vie indicate tracciate dall'Illuminismo, come invece accade col Darwinismo. Il Seicento non preclude le vie segrete indicate dai monumenti gotici di richiamo alla magia alchemica. Apre alla Natura ma con un approccio di rigogliosa stupefacenza che darà vita nelle sue eccessive manifestazioni al Barocco. È proprio dal confronto con la ricerca del proprio dissimile a condurre Telesio sulla formulazione della sua teoria sicuramente evoluzionistica ma non all'interno della scansione in specie secondo l'eccezione darwiniana. In quanto a questo capace di guardare oltre ogni definizione classista. L'uomo è diverso dal regno vegetale ma comunque non in termini di una superiorità elettiva. Telesio è di Cosenza e ha in sé l'anima dei boschi sacri della Calabria. Degli antichi eremi in cui ritrovare il contatto con sé stessi e Dio. C'è alle sue spalle il percorso mistico di San Francesco e prima ancora di Gioacchino da Fiore e prima ancora, del pensiero animico bruzio di consacrazione dello spirito della Natura come espressione massima del Creato. Il bosco è casa per quel territorio rigoglioso della Calabria nord occidentale e del cuore silano. Altro è il discorso che condurrà Campanella legato alla cultura greca e del pensiero che lo avvierà a disquisire su un versante sociale rimasto irrisolto nel tempo.