L'umanità di oggi manca di intensità. Ci siamo fatti poveri di sostanza e non proviamo, né mettiamo passione in nulla. Tutto è fatto per mostrare e ostentare ciò di cui siamo pieni: boria e vuoto. Le case sono diventate dormitori che non offrono nulla e spaventano per la freddezza chi vi entrasse.
Sono spazi anonimi già per chi vi abita. Ci siamo ridotti di numero. Le famiglie sono diventate scarse e di pochi elementi che a stento s'incrociano e quando capita, si scontrano.
L'accoglienza invoglia alla comunicabilità. Al pensiero acceso che ci distingueva dalle altre forme di vita, e ormai spento. Siamo pochi e poveri e presto lo saremo anche di materialità. Cosa diventeremo, dunque? Saremo ciò che l'urbanistica e la strutturazione degli interni offrono. Cubi in conflitto che mostrano una società malata, che non cerca coccole e premure ma di salvaguardare senza alcuna finalità se stessa e il proprio egoismo. Gli ingressi sono sale d'attesa per ospiti che mai entreranno. Il bianco mostra l'ossessione per una sanezza che confligge col male di vivere e spersonalizza ponendo sull'altare di una insulsa quotidianità l'anonimato che si cela dietro uno sciorinamento di titoli accademici che conquistano chi ambisce ai posti d'onore nei salotti urbani. Sì, gli interni domestici vanno sempre più somigliando a sale di attesa di stazioni dove nessuno trova la forza di sedersi per aspettare l'anima giusta, anche solo per scambiare quattro chiacchiere in serenità e spensieratezza. Oppure a sale di attesa di studi medici, ambulatoriali o agli interni dei centri estetici di fiducia, dove si pensa al solo corpo e anche sull'anima si può trarre profitto. È tutto pensato e calcolato anche in funzione dello smart working, una comodità per tanti ma che ci porta a ristagnare nelle nostre stanche abitudini e a pensare la vita senza altra prospettiva che non sia i traguardi professionali. Nulla di intimo, di sognante e di privato. Solo un inanellarsi di attività come un treno in corsa all'infinito.
È inospitale questo mondo e il bianco ghiaccio non ha nulla di intimo né di antico. Manca d'intensità. È la somma di tutta la grandezza che avevamo dentro e di colpo divenuta polvere di cemento con cui continuiamo forsennatamente a innalzare palazzi, barriere rigide da tra noi e gli altri, anziché edificare noi stessi e dall'interno.