L'antica Grecia, il neutro e l'amore
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L'antica Grecia, il neutro e l'amore

Amore e Psiche
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Un eromenos con i suoi erastes coinvolto in una scena d'amore pederastica da un simposio. È un dettaglio degli affreschi appartenenti alla parete nord della Tomba del Tuffatore a Paestum
Un eromenos con i suoi erastes coinvolto in una scena d'amore pederastica da un simposio. Dettaglio affreschi parete nord Tomba del Tuffatore a Paestum

 

Sorprende come l'antica Grecia abbia dato risalto all'omosessualità e al neutro nel genere umano, al punto da destinare un'immagine divina a queste particolari espressioni della Natura. Sorprende sì, di primo acchito, sulla base del posizionamento al cospetto del Pensiero in modo severamente critico oltreché razionale.

In realtà, a ben guardare, non dovrebbe sorprendere affatto se di considera innanzitutto cosa rappresentavano le divinità dell'Olimpo per i Greci e la varietà di racconti mitologici che le vedevano protagoniste. Per i Greci gli dei non sono che l'immagine traslata nella luce, degli archetipi, ossia immagini primitive che caratterizzano una cultura e le singole individualità di cui ne fanno parte. Il neutro di per sé affascina perché rimanda a quella unità primigenia e a quel senso di completezza che a noi comuni mortali sfugge. Gli dei possono ciò che è vietato all'uomo e la coscienza divina opera e si sviluppa su ben altri parametri rispetto a quella umana.

Come per i latini, il neutro è riservato agli oggetti perché materiali e quindi indagabili con i sensi e l'intelletto. All'opposto, la natura divina abitando nella luce ha un altro approccio all'esistenza la quale dimora al di fuori della dimensione spazio temporale che invece intrappola l'uomo. Di conseguenza, il neutro spetta di diritto alle divinità che si sottraggono agli stereotipi umani e splendono di un'altisonante diversità. C'è da dire che il mondo greco proprio perché impostato su una cultura guerriera e maschilista, ha dato luogo a esempi di omosessualità anche brillanti come la poetessa Saffo. La suddivisione degli ambienti tra androceo e gineceo non ha fatto altro che spostare l'interesse dei maschietti verso le donne, figure domestiche o materne che fossero, al punto da acquisirne crescendo i tratti. Quello delle donne greche è un mondo misterioso e affascinante che turbina di seduzione anche per gli stessi figli. L'amore in fondo che cos'è se non una divinità passeggera? Una nuvola di luce che instaura l'intesa e poi scompare? Non dobbiamo pensare alla solidità dell'amore coniugale come a una realtà comune presso il popolo greco in cui l'uomo sovente in battaglia, si lasciava andare ad avventure e distrazioni mentre la donna era costretta pazientemente ad aspettarlo a casa e, in caso di morte del coniuge, a congiungersi a un fratello o a un cugino del marito estinto.

Come succede ancora oggi, una cosa è il matrimonio, istituzione fondante della società tesa a legittimare la prole, altro è l'amore e forse un tempo, viste le costrizioni a cui dovevano piegare il capo sia gli uomini che le donne per ottemperare a obblighi ereditari, la figura dell' amante era molto diffusa, a incominciare proprio dall'alta società. Un tempo ci s'innamorava facilmente, al contrario di oggi in cui si preferisce la scappatella leggera senza alcuna implicazione affettiva o ancor più, passare il tempo libero sfogliando i siti di belle e bei giovani.

Al di là del capriccio momentaneo, l'amore un tempo feriva o faceva gioire, a seconda. Il mondo delle immagini rispetto all'odiernità era più vero e nitido. La luce era diversa e gli stacchi luce ombra apparivano più netti e feroci. Non c'era inquinamento e la nebbia aveva una poesia d'argento che oggi non cogliamo più.

Una donna che attingeva l'acqua alla fonte o che cantava mentre immergeva i panni sporchi nel ruscello assumeva toni d'incanto che rapivano lo sguardo di chi si trovava a passare, complici sicuramente anche i riflessi maturati dalle sfumature del cielo intrecciate ai fili di luce. Era tutto un altro mondo che mai dipinti e opere potranno ricostruire ai nostri occhi.

L'amore era perdizione e tristezza quando vi si doveva rinunciare. Questo anche tra individui dello stesso sesso perché il rigore delle regole sociali impediva una frequentazione sentimentale normale. Sappiamo quanto l'esaltazione della bellezza fisica con la conoscenza dettagliata anatomica alla base, abbia contribuito nella Grecia classica a forme di innamoramento non accettate. Questo in particolare nel periodo dell'Estetismo "politico" decantato ed esaltato da Pericle nel IV secolo a.C. Cosi come dello sdoganamento delle presunte certezze riflesse nella tragedia dove l'amore associato alla follia dionisiaca è uno spettro di luci che precipitano la vita nella riflessione matura e tardiva, e nella morte. Lo schema famigliare riproposto sulla scena teatrale in quel tempo era uno specchio su cui avrebbe dovuto indugiare la società ateniese per recuperare i fili della sua identità. L'ultima mossa di una seria politica funzionale, catartica per evitare che la prestigiosa civiltà venisse inghiottita da un impero mostruosamente grande che ne avrebbe siglato la fine. Mi riferisco a quello di Alessandro Magno con l'Ellenismo.

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Ippolita Sicoli
Author: Ippolita SicoliWebsite: http://lafinestrasullospirito.it
Responsabile del Supplemento di Cultura "La finestra sullo Spirito" del quotidiano online "ilCentroTirreno.it"
Docente della Federiciana Università Popolare, Specializzata in Discipline Esoteriche, Antropologia, Eziologia e Mitologia, ha partecipato in qualità di relatrice a convegni e conferenze. Ha pubblicato le seguenti opere: “Il canto di Yvion - Viaggio oltre il silenzio” prima edizione Wip Edizioni 2003, seconda edizione Ma.Per. Editrice 2014. Il romanzo “Storia di Ilaria e della sua stella” Edizioni Akroamatikos 2008. La raccolta di racconti per ragazzi “Storie di pecore e maghi” Ed. Albatros 2010. Il romanzo “Il solco nella pietra” Editore Mannarino 2012. Il saggio antropologico “Nel ventre della luce” Carratelli Editore 2014.

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