La solennità è una veste limpida che si cala dal cielo. È velo che non ha bisogno di fronzoli e l'eleganza è quella di chi la indossa. Non è un accessorio da esibire ovunque, evoca la leggiadria del silenzio. Conduce a sé chi la possiede e chi vi assiste ammutolisce. La solennità è il respiro del sacro.
Il raggio che fiorisce e profuma d'argento un momento, con un cero acceso sull'altare disadorno. È il gusto del pieno interno che sgombra le nubi e va a sedersi sul suo trono.
Chiunque abbia un portamento e un ritmo lenti, cammina nell'alveo del sacro che rende palpabile le stelle nel silenzio lunare. La solennità non è bruma, né fuoco acceso, ma esili fili di luce che poggiano ovunque o a tratti, obbedendo a un ordine segreto che si pronuncia all'anima.
La pioggia lenta e tranquilla che siede, questo è solennità. Il profumo di un altare sui monti, questo è solennità e la possibilità di ritagliarsi uno spazio proprio dove spazio non c'è per nessuno. È una porta socchiusa e mai sbarrata. Un bisbiglio sommesso che avanza da dentro, come il passo di una sorgente adagiata sulla roccia. È velo di corrente e mai fiume in piena. È velo e veste di crosta rugosa. È un pianto antico che non scompone. È immagine e mai teatro. Perché della verità è il fulcro e la vestale. Palpito e saggezza che non si vedono ma ricompongono nella giustezza lo spasimo di tutte le cose.