"Settimana" vuol dire "sette mattine." In Calabria "settimana" si dice "simana" ossia "sei mattine". Il vocabolo dialettale non esprime una contrazione come ci si aspetterebbe, voluta dal parlato veloce e colloquiale. "Simana" ha un suo significato e indica le sei giornate lavorative.
Il settimo giorno Dio lo consacrò a sé stesso. Il numero sei è venuto alla ribalta nel passaggio dell'uomo da coglitore a coltivatore. Con l'agricoltura l'uomo ha imparato a seguire il corso dei pianeti per lui punti di riferimento affidabili dei passaggi stagionali. Da qui la scansione dei giorni della settimana sulla base dei nomi dei pianeti principali del nostro sistema solare, incluso quello della luna, il nostro satellite, che più di tutti i corpi celeste è legata alla semina e alla raccolta. Il lunedì è riservato alla luna anche per un altro motivo. La luna rappresenta la signora mancata nelle tradizioni religiose biblica e giudaico cristiana d'impronta patriarcale. La luna è colei che tiene legata la terra alla vita del Cosmo. Era tenuta in considerazione nel Medioevo attraverso la rappresentazione della Chiesa su cui si riflette la luce di Dio.
Nell'albero cosmico la luna è il frutto proibito che causa la separazione dell'uomo dalla dimensione atemporale e la caduta nei cicli storici corrispondente all'ingresso nel Neolitico.
Riprendendo quanto già detto, il termine "mane" designa non solo la mattina ma la giornata lavorativa che in passato si svolgeva dall'alba al mezzogiorno. L'altra metà della giornata era riservata al tempo libero o alle attività domestiche. Il pranzo molto frugale in passato era fondamentale al fine di ricomporre l'unità familiare. Ad esso seguiva il riposo o pennichella ancora in uso nelle comunità agricole, al fine di ritemprarsi dalle fatiche mattutine.
La seconda parte della giornata, dal mezzogiorno al tramonto, era destinata anche alle riflessioni da condividere con i parenti più stretti e gli amici, oltreché all'organizzazione del lavoro dell'indomani. Insieme ai più cari si pregava e dopo cena si andava a dormire. L'alba era l'ora del risveglio e con l'aurora si iniziava a lavorare.
L'associazione Manes Mane è legata alla tutela della casa che in assenza dei proprietari era lasciata alla custodia degli dei. Le orazioni all'alba, al pomeriggio e alla sera ancora in uso presso monaci e frati conventuali derivano da qui, come l'associazione delle mani all'operosita'. Da ricordare il detto benedettino "Hora et labora". La preghiera che accompagna il lavoro, di risposta fa ricadere la benedizione divina e ricorda all'uomo la presenza di Dio in ogni suo compito. Se non ci fosse la preghiera presente anche semplicemente come pensiero rivolto a Dio, l'uomo si dimenticherebbe la scansione delle sue ore di lavoro. Ciò lo porterebbe a concentrarsi solo sulla produttività inaridendo l'anima e decentrandosi da Dio. Lavorare con le mani era visto come una forma di preghiera se pensato al servizio personale e di tutta la comunità. Il sei periodico definito numero della bestia trae ispirazione proprio dal principio dell' asservimento totale dell'uomo al lavoro che anticamente coincideva con quello dei campi. Il giorno compie un giro perfetto sotto la guida del sole, ma in questo giro ci sono intervalli, pause e interruzioni attraverso i quali l'uomo sente di rivolgere lo sguardo a Dio.
La figura dell'avaro è molto antica e rappresenta chi accumula soldi quasi meccanicamente, senza vivere e sfruttando anche il lavoro degli altri. Il vecchio taccagno è l'immagine che completa il corredo simbolico del diavolo. Pertanto è rappresentato come un vecchio brutto e ingobbito, arido, spesso seduto in cantina, luogo che rimanda al regno degli Inferi. Chi accumula, è il contrario del Santo che spoglia se stesso perché nella nudità trova il senso della vita e il suo incontro con Dio.