Raccogliamo ciò che diventa mucchio. Cogliamo invece, pezzi unici, ciascuno con un suo valore. Questa azione è data da quanto ci presenta il destino e non quanto prendiamo per strada. Certo, entrambe le azioni sono introdotte da una scelta ma la prima è automatica, la seconda è avvertita.
Avvertiamo solo ciò che arriva a noi e non importa che sia anche per altri. Arriva a noi e si rivolge a noi per darci e per insegnarci qualcosa. Rompe il silenzio della strada per poi riportarci il silenzio necessario alla maturazione in noi di quanto abbiamo avuto, e per prepararci a un altro dono.
Ogni dono non è la risposta a un desiderio, bensì il desiderio stesso che ci viene donato dall'alto. Le stelle che cadono e che noi cogliamo sono di per sé dono che sta a noi cogliere e quanto viene colto mai viene dimenticato. Cogliamo l'attimo, la stella che cade. Se non cadesse, non troverebbe collocazione in noi. Sarebbe una delle tante conficcate nel manto scuro della notte.
La stella che cade rompe il silenzio. Scivola da esso insegnandoci nella curva discendente che compie, che il cielo ha una volta sferica e che questa forma è impressa in tutto ciò che da lui deriva.
Il termine stella nasce adattato poi al cinema, nel mondo di Broadway, a cavallo dei due secoli scorsi. Il palcoscenico è il cielo della notte illuminato dai fari. Gli attori si muovono e parlano e ognuno degli spettatori coglie qualcosa che gli resta fermo dentro. Una scena, un dialogo, un'immagine. Il sipario si chiude e ritorna il silenzio nel clamore disordinato della platea che si appresta ad uscire.
La caduta delle stelle è nell'azione che definisce il momento e particolarizza il tutto. L'arte è questo: uno scossone che ci accende nella miseria del mondo e ci rende stelle quanto l'opera e chi l'ha compiuta.
È interessante come le parole pur non essendo collegate dalla stessa radice, somigliandosi portino a verità profonde e forse questa verità, per quanto non concepite analiticamente, le unisce davvero. Prendiamo ad esempio le parole "momento" e "memento". Il primo è frutto della contrazione della parola "movimento", la seconda riconduce alla radice di "memoria".
Trasferiamo in noi solo quanto si rende azione attraverso il movimento nella fredda notte. Rompe il ghiaccio dell'invisibiilità e noi da terra raccogliamo briciole di diamanti che non si dissolvono come sembra, ma cospargono di lucciole il nostro cammino.