Le celebrazioni in onore della Madonna del Carmine chiudono all'incanto devozionale sollecitato dalla Natura che magnifica Dio. Il caldo eccessivo dei giorni a seguire deconcentra e trasporta l'uomo a una chiusura ferrea o al contrario, a distrazioni eccessive nella mondanità.
Il canto è trasporto. È azzeramento del pensiero che lascia campo libero all'anima di espandersi. Nell'incanto ritroviamo la via della croce che in questo caso, senza alcun riferimento a sacrifici e a sofferenza, spinge la vista del cuore dal piano orizzontale della Natura e del mondo a incrociare quello verticale del cielo e di Dio.
Incantare è l'aspetto più magico della fede. Incantare è l'aspetto più ingannevole della realtà profana. Incantare è la rete di seduzione intessuta dal demonio che trova campo d'azione ideale in chi si lascia da lui scioccamente e squallidamente irretire.
La dimensione del canto apre alla via mistica e permette all'uomo di abbandonare il piano orizzontale e di ascendere alla luce del piano verticale. È curioso come alla stessa radice della parola "Carmelo" e "Canto" si riconduca anche la parola Karma abusata oggi anche a sproposito. Da intendersi una legge vera e propria, il Karma spiega l'impronta pragmatica del mondo orientale portato a esemplificare ogni processo spirituale attraverso la conoscenza dei propri intrinseci meccanismi. Di conseguenza rivela il punto debole della spiritualità orientale che consiste nel giustificare e convertire il mistero in legge.
Una delle azioni più belle che rintracciamo nelle Sacre Scritture è "Magnificare". "La mia anima magnifica il Signore". Magnificare significa propriamente "fare grande" e lo ritroviamo nella concretezza della storia nel "Si'" di Maria che si rende disponibile ad accogliere nel suo ventre il Figlio di Dio. Dio non ha di certo bisogno di noi umani per acquisire consapevolezza della sua magnificenza. Magnificare indica pertanto l'apertura dell'uomo a entrare in sintonia con Dio. E' l'ammissione umana della perfezione celeste. In questo ritroviamo l'antica accezione del sacrificio di provenienza mesopotamica secondo cui l'ancella attraverso la sua piena disponibilità accordata al re a morire con lui, riconosce il proprio ruolo nel disegno di obbedienza. Magnificare è quindi la prova di una consapevolezza acquisita secondo cui il fedele riconosce senza alcuna forma di sbandamento il proprio compito all'interno del disegno globale. Lo accetta non con atteggiamento di sottomissione, ma come chi acquisita la conoscenza e allontanatosi dalla cecità dell'ignoranza, prende parte a un progetto assoluto che partendo dalla terra lo porterà agli alti piani della consapevolezza divina.