È incredibile come i Titani fossero anticamente coloro ai quali gli dei affidavano il cosiddetto lavoro sporco tramite cui vendicarsi di offese e torti subiti. Interessante è l'episodio riportato nella Teogonia di Esiodo in rapporto a Urano, Dio primordiale del cielo, evirato da Crono, il figlio, per volere della moglie madre Gea.
Il dio Urano è una divinità affascinante. A differenza della dea Nut che lo rappresenta in Egitto, Urano è una divinità maschile caratterizzata da una grande forza. Contrariamente alla dea Nix, Notte, che rappresenta il manto oscuro del cielo che cade sulla terra e rende tutto nudo, quindi la notte come stato di assenza del sole, Urano è il paesaggio del cielo con le sue gemme luminose e i pianeti, contrapposto ai paesaggi terrestri muti di notte e avvolti dal silenzio delle tenebre.
Di notte la terra era come se si spegnesse, diventasse cieca, privando l'uomo di ogni riferimento che riconducesse a lei. Per gli antichi questa condizione era intesa come tradimento a cui invece sottraeva il cerchio del tempo con l'eterno ritorno della luce e del sole. Gea comanda Crono, il dio del tempo, affinché spodesti Urano, e lo fa per tramite dei Titani, avvicinando così il cielo assoluto distaccato dalla terra alla dimensione degli uomini. I Titani al pari dei Nefilim della Genesi sono il tramite che però innesca sulla terra il processo della corruzione e della contaminazione che per gli antichi avveniva attraverso il mescolamento di popoli e razze.
È curioso vedere come gli dei, da cattivi maestri per gli uomini, cambino comportamenti con facilità, nascondendo la qualità della coerenza. La coerenza per gli antichi si conquistava attraverso l'utile e l'interesse. Si basava su meccanismi semplici e tribali fondati su una sorta di accordi che mantenevano saldi i giochi degli equilibri. Il grande cambiamento nel mondo antico subentra con il commercio non più sotto forma di baratto, un passaggio importante nella scala dei processi evolutivi dell'uomo nel suo assetto sociale, che comporta il superamento della legge del taglione.
Il codice di Hammurabi prima e i 10 comandamenti dopo hanno una grande risonanza in tutto il mondo antico, soprattutto il primo, in rapporto all'estensione del regno babilonese retto dal re Hammurabi.
Le regole dettate dallo spirito dell'Universo si ha la necessità di metterle in chiaro sulla terra allo scopo di rendere più fluidi i rapporti sociali e commerciali tra gli individui.
Il passaggio tra il mondo primitivo e quello successivo più organizzato coincide con il passaggio dall'era dell'uro a quella delle pecore e del bove. Le pecore ci parlano nell'etimologia del commercio attraverso moneta e non più tramite baratto. La pecunia era il denaro. In latino "pecus-pecoris" è la pecora. Il gregge ci introduce a una condizione avanzata della pastorizia che contempla il lavoro dell'allevatore. In quella realtà l'uomo aveva già una solida esperienza a riguardo del suo rapporto con la Natura e la coltivazione dei campi per quanto attiene al sistema di alimentazione di base che comprende cereali e legumi era già acquisita.
Il bue e l'aratro sono un'immagine ricorrente nella rappresentazione del mondo contadino antico. Tale immagine ci dice molto più di quanto razionalizzato attraverso l'azione stessa. Ci parla inequivocabilmente della necessità nell'uomo organizzato in strutture sociali di tracciare un seguito a quanto da lui appreso. La trasmissione dell'esperienza diventa molto più del semplice racconto. Va regolamentata attraverso un seppur rudimentale sistema di apprendistato. Arare significa oncora oggi preparare alla semina il terreno. Il terreno ha un suo spirito e una sua anima e se lavorato, concede buoni frutti. Colui che ara è il maestro che forma l'intera comunità. Trasmettere le conoscenze da lui apprese ai suoi figli e successori ma anche ai giovani che lo aiuteranno nel lavoro, significa consegnare tesori di indiscussa importanza. Dalla trasmissione dipende il buon rendimento della terra e la terra dipende a sua volta dalla conoscenza del cielo che va impartita a dovere a chi prende in cura un pezzo di terra.
La dimensione sacra della terra pervade al pari di quella del cielo l'animo umano. La terra è fatta a immagine e somiglianza del cielo e a congiungerli è la dimensione del tempo che regola ciclicamente il lavoro della terra. Capiamo da qui l'origine sacra del verbo "Arare" che contiene il riferimento all'"ara": l'antico altare che ritroviamo presente nel nome del dio Ares: Marte.
Arare la terra è un'azione che riporta l"uomo agli albori della civiltà che coincide con il dialogo e il confronto evoluto con Dio. Il cielo è la dimensione di Dio e l'uomo arando, scrive i processi che accadono in cielo sulla terra, ne segue il ritmo e attraverso la conversione di quelle azioni in rito, egli rende feconda la terra. Fecondare la terra equivale anche a prendersi cura di se stessi, stabilendo un rapporto sacro con la propria persona. Lo Yoga che prende spunto dal giogo dell'aratro è da lì che nasce e ancora oggi ha un grande seguito.