L'estate è il tempo della fine. Ci sono fiori ma appassiscono ovunque. Il sole brucia e arroventa disperdendo cristalli di sale ovunque. È come vivere in una stella che fiammeggia e pulsa e ottenebra.
La troppa luce si converte in tenebra e piano piano, regredendo, avanzando muovendosi a ritroso, tutto si avvierà verso il suo equilibrio.
Si desiderano l'acqua e il mare più del cielo. Tutto si rende più avvicinabile nella lente di riflessi e tutto si fa lontano nel bagliore instancabile. Poi la pioggia, ogni tanto ci ricorda che può essere autunno all'improvvviso, che nulla dura per sempre e che tutto è preparatorio a ciò che verrà poi, trasformandosi in altro. Ci trasformiamo di continuo e ad ogni estate, sangue pulsante e fanciullesca primavera inseguiamo interi stormi di uccelli e danze di farfalle allegre. Poi la tempesta a far morire le cose che non erano o non sono mai state, inserendole in un altro giro di esistenze.
"Estate" significa "calore" ma anche "che parte da ciò che sta fermo". C'è una correlazione tra i due significati e risiede nel fatto che l'energia cinetica sprigionata dal movimento si trasforma in energia termica. Chi non sta mai fermo ritrova la sua essenza. Consuma il superfluo camminando o muovendosi. Gli antichi, grandi camminatori, erano convinti di questo e camminare lì portava a osservare e interiorizzare quanto incontravano. Incontrare con gli occhi innanzitutto, per poi baciare l'anima dei luoghi e delle persone con cui scoprivano grande affinità.
Il viaggiatore è diventato il marinaio che lascia parti di sé ad ogni porto. È dell'acqua reinventarsi sempre e rendere l'illusione di riuscire a sfiorare il cielo fino a nuotarci dentro.
L'acqua inghiotte le stelle e le fa proprie. Ciò che l'acqua ingoia o ingloba nasconde nel suo profondo, in uno scrigno prezioso alimentando fantasie e desideri. Il fuoco invece è il regno del perduto. Ciò che consuma svapora e si fa ricordo. Il camino non è forse la casa di ciò che brilla e si fa cenere?
Purificare prima di bruciare è quanto si compie ritualmente sulle sponde del fiume Gange dove vengono bruciate le salme dei defunti. Il fiume è passaggio per la tradizione induista. Il suo equivalente è il pesce arcobaleno che mangia Buddha il quale si avvia a un'altra vita. Il pesce e il fiume coesistono l'uno come ponte e l'altro come tramite. Un cordone ombelicale che ci riconsegna all'immensità materna. Ogni pesce è un piccolo arcobaleno che riscompone e illustra i colori dell'iride. I fiumi, i laghi, il mare sono specchi di luce rifratta che contiene tutto e non sta mai ferma.
L'esperienza più estasiante che l'uomo faccia è vedere con i propri occhi la lava dei vulcani finire in mare. Fiumi di lava che riempiono o svuotano di acqua i bacini marini. Ti cambia la vita e gli occhi diventano parte di quel processo che si ravviva da miliardi di anni. È straordinario. Guardiamo per la prima volta, forse mai, quanto si ripete in cicli infiniti lontano da noi e che noi contribuiamo a riversare con i contenuti di una memoria che è individuale ma anche collettiva e che ci ritorna riempiendo il mondo di storie.