La grazia matura dall'incontro e dalla condivisione, con Dio o con un proprio simile nel quale ci riconosciamo. Riconoscersi equivale a vedere Dio nell'altro.
Chi è oggi il dissimile? Il dissimile è colui che è polarizzato verso una visione altra che non rientra nell'ordine prestabilito delle cose. Un tempo il dissimile era colui che apparteneva a una fascia sociale e a una cultura diverse. L'Orientale per usi e costumi rispetto all'Occidentale era il dissimile. Dissimile era per l'aristicratica la serva. Nel mezzo di tutte le dissomiglianze e distinzioni c'era l'uomo con la sua cultura orientata verso la Natura e il Principio Primo di cui egli si sentiva immagine speculare. Questa sua attitudine a cogliersi riflesso portava l'uomo alla riscoperta dell'elementarità nella confusione del molteplice. Più una storia ha una trama articolata, più semplice e vicino si fa il messaggio, rivelando l'arcano nella tradizione popolare.
Non è un caso che laddove le tradizioni pullulino di principi, dame, orchi e servette il messaggio di suggellamento uomo e natura con Dio si fa più forte e convinto.
Nella tradizione cortese anche artistica e pittorica è di fondamentale importanza far corrispondere la beltà esteriore evidenziata da un'eleganza mai esuberante o volgare alla creatività spirituale tramite la quale l'uomo si riconduce alla primordiale essenza della sua natura. Ritornano il bosco e la foresta al centro dell'espressività cortese come luoghi ancestrali di snodo delle esperienze umane e di riassorbimento delle stesse nel nucleo dell'origine. L'amore cantato e celebrato è condivisione suprema di un sentire intimo corrisposto e trova il suo corrispettivo simbolico nel nodo d'amore o anche nel calice che custodisce il liquido dell'immortalità, l'amrita. L'amore si incarna nel tempo e nello spazio ma da essi si astrae riconducendo alla dimensione sospesa del cuore. Questo stato di grazia che accompagna lungo tutta la narrazione gli esempi più elevati della letteratura provenzale e non solo, comunque cortese e qui in Italia stilnovista, è presente anche nelle opere pittoriche medievali.
Gli sfondi sono vie magiche che catturano e assorbono l'attenzione dell'uomo per poi ricondurlo al suo Sé, magico scrigno del divino. È qui che trova la sua forza l'elemento fiabico nel suo significato puro di narrazione e svolgimento (fiaba dal greco femi': dire, raccontare) che comprende i numerosi viaggi compiuti dall'uomo nelle sue vicende personali e collettive, al fine di estrapolare da essi un succo interpretativo soggettivo e universale.