Le persone sono luoghi e i luoghi sono anime. Ciò che perdura e slitta sul piano del luce è anima. Si è anima nel prima e nel dopo. Nella pancia della notte che risiede nel prima, e nei bagliori della luce che sono il dopo.
Questo è quanto attiene alla cultura ancestrale della dea Madre. La Madre è dea della Materia ed è il nostro antefatto terreno. È anche vero però, che per le civiltà più evolute il cammino di un popolo discende dal cielo ed è quanto tutt'oggi ci suggerisce il simbolo dell'albero capovolto non in antitesi al letto delle memorie ancestrali e primitive relative alla Madre e alla Notte, ma che come specchio aggiuntivo è capace partendo dall'immagine matrice di rintracciare un percorso di esplorazione continua, al fine di una sempre più completa autodeterminazione.
Crescendo l'uomo si svuota, perché l'attività cerebrale recupera sull'attività onirica primigenia e dell'infanzia. A questo smarrirsi segue però un riscontro su altri piani con i luoghi posseduti e che poi tornano a sfuggirci. Sono i luoghi delle memorie forti che hanno assorbito e nel presente veicolano l'impronta di un'età o meglio di un'epoca. Le case antiche abitano in noi e continueranno ad esserci a prescindere da quanto vivranno i loro abitanti che diventano sede dei nostri desideri, delle foreste abitate da pensieri e fobie e di quella pace in cui noi ci ritroviamo. Sono case che non resistono agli urti del tempo e proprio questo scollamento tra il trascorso e l'attuale procura in noi il delirio di uno stordimento che si concretizza all'ombra dei nostri sogni e dietro la trasparenza della mente che ristabilisce legami interrotti pur conservandone il mistero.