Ogni silenzio è una pausa, un momento che racchiude il tutto e giace all'interno dell'Universo. Ogni seme è anche il suo grembo tenuto assieme dal cordone ombelicale che chiamiamo vita. È uno specchio di pesci il ruscello che rianima il letto della foresta. È raccoglimento il silenzio, la voce dell'Eterno che scende tra noi per ricondurci a Lui.
Gesù era silenzio perché invito a guardarci dentro. È la luce accesa all'angolo della stanza. Il suo grido di dolore è l'impronta straziante del passaggio nella storia e l'innalzamento da essa. Lui ha gridato nel momento del suo passaggio di morte, ma quando è venuto al mondo la sua grandezza è stata esaltata dalle stelle in coro.
La vita la chiama e la declama l'Universo. La morte è nel clamore di un gemito che avviene. La Resurrezione è l'estasi dell'alba che richiama tutti a sé vicini. Ogni fase del giorno è maturazione e compimento di un principio che sta a noi vedere ed evocare. Quando un'epoca giunge al suo capolinea, la rete di richiami si fa più evidente creando una complicità tra quanto l'uomo avverte dentro di sé e ciò che la Natura e la realtà esterna vogliono suggerire. I sensibili si fanno più empatici e questa empatia li porta ad andare oltre il senso di finito insito nelle cose. Siamo venuti al mondo per travalicare ogni disegno impossibile che si espleta nel senso di sfuggenza tramite cui il divino ci parla nel finito. Siamo stati programmati geneticamente nella notte dei tempi per tendere verso l'infinito e questo anelito che nutriamo dentro, porta a vivere stati drammatici chi mal di adegua alla realtà che ci vorrebbe finiti in tutto e con la morte.
Gesù allora nella storia ci viene incontro con il dramma della croce che risolve molti interrogativi e apre a scenari enigmatici. Traumatico è ogni passaggio. Ancor più lo è il travalicamento del possibile e il rientro nel regno naturale a cui apparteniamo che e propriamente l’Infinito. Questo anche come secondo la rappresentazione dantesca, è nelle tenebre e nella luce che si svolge. Esistono due infiniti e il tuffo in quello del Bene caratterizzato dalla Luce è alquanto traumatico perché scolla definitivamente l'uomo dalla materia e dalla realtà empirica. Il dolore di morte è quindi necessario e ciò che accade dopo non va quindi inteso come premio come ci vorrebbe suggerire la scuola d'impostazione giudaico cristiana, ma è da considerarsi l'ingresso in qualcosa di nuovo senza strascichi.
Il dolore e la morte che Cristo prova, non appartengono a una scenografia di impatto horror come un genere letterario e di costume hanno voluto trasmetterci basandosi sul fatto che l'uomo ha bisogno della suggestione per provare il brivido nell'Estetica dove scoprire il senso del tutto. L'impressionabilità ha presa facile in un tempo in cui tutto viene banalizzato perché la ragione profonda si è nascosta nel cuore delle cose. Paradossalmente, la spettacolarizzazione e il sensazionalismo su cui il primo si fonda, confliggono terribilmente col sublime proprio dell'epoca in cui l'uomo ha attinto fortemente da se stesso, portando avanti le ragioni dello Spirito di cui è espressione la Natura. Il Sublime è risucchio e decentramento dell'uomo che è riuscito a trovare la chiave giusta con cui rientrare in se stesso. Pertanto è attraverso il lato sensibile della Natura che si tuffa nell'infinito il quale rimane enigmatico nella sua stupefacenza. La morte e la scissione dalla materia vanno oltre il Sublime perché l'uomo diviene un tutt'uno con lo Spirito oggi segretamente rimasto nell'oscurità delle cose. Sempre più alla periferia delle nostre percezioni, scivolerà a mano a mano che l'artificiosita’ moderna prenderà il sopravvento sull'abito naturale delle cose.
Esiste l'enigma della naturalità oggi sempre più vissuto a causa della Bellezza che non è più attributo puro, ma forma di un'esaltata spettacolarizzazione che tramite l'uso improprio del danaro e quindi con artificio si ottiene. A questa forma si contrappone quella dell'enigma che sposa il dubbio della probabilità. Questi insieme attengono alla sfera dell'artificialità a cui sempre più tenderemo se l'uomo non darà una rapida svolta recuperando se stesso e ritornando sui passi della tradizione. Non esiste dubbio nell'Infinito ma solo nella contingenza delle cose attraverso cui l'uomo in delirio crea e distrugge per ricreare. Nella dimora dell'infinito celeste ogni fine escatologico è risolto e non vi è tenebra, se non assoluta e convinta chiarezza.