Nel mondo animale il concetto di morte e' superato dalla continuita' della specie. Un cane o un gatto, per quanto unici, riflettono appieno il loro regno e la loro dimensione.

L'individualita' e' tipica dell'insieme umano e, per quanto apporti elementi di originalita' e unicita', conferisce dei limiti al quadro della specie. L'essere umano svia e svicola in forme di contraddizioni intrinseche che vanno contro le specificita' e le caratteristiche della sua specie. La morte quindi non si dilegua svanendosi, ma si sofferma caso per caso, ammantando e insidiando la vita.
Nella logica della semplicita' che osserviamo nelle ancora presenti comunita' tribali, la morte e' un passaggio su cui chi vi assiste indugia il tempo necessario per maturare riflessioni e rimettersi in cammino. S'impara a conoscere la morte sperimentando la vita da bambini, da subito soffrendo per gli stenti, ma altresi' gioendo della constatazione di cogliersi vivi nell'attimo presente. Il singolo e' parte integrante, connessa della sua comunita' della quale ne alimenta la vita. Il gruppo ha una radice, una storia e un futuro, il presente e' la creazione di ogni singolo che si realizza in essa. Si respira, si vive, si muore rigenerandosi e rimanendo li' attraverso il culto degli antenati che tutelano quest'ordine di cose.
Il frastagliamento della collettivita' in individui lo si riscontra nelle societa' cosiddette evolute. Il singolo si scollega dal suo contesto per assumere una vita propria che complica e fraziona il quadro d'insieme, generando pertanto il concetto di morte in antitesi a quello di vita.
Un ruolo fondamentale in tale processo lo svolgono le donne. La donna nelle societa' primitive e' fulcro e sprone. La dolcezza che sorgeva dal corpo delle mamme di un tempo nella nostra societa' non s'incontra piu'. Erano guerriere sagge. La loro umanita' le rendeva divine, semplicemente donne. Tuttora le donne delle societa' tribali nascono con un senso di compiutezza che paradossalmente le cresce libere. Si puo' essere diversi, originali anche all'interno di un contesto che a differenza di quanto si creda in Occidente, non ha la finalita' di plasmare e assoggettare, bensi' di rinforzare il singolo che matura una sua originalita' non contrapposta alle regole vigenti che abbraccia.
Se e' vero che sono le sfumature a imprimere il senso all'esistenza, nelle societa' tribali queste ancora persistono attraverso rituali come il trucco e l'arte di tatuarsi che trascendono il gusto estetico e rendono il singolo persona. Qui in Occidente il tatuaggio si afferma come una moda che nasonde l'esigenza profonda dell'individuo di non lasciarsi sopraffare dalla logica consumistica di manipolazioe, e impone se stesso attraverso il simbolo che sceglie e meglio lo rappresenta. I simboli si ripetono ma le storie cambiano in un quadro di solitudini incapaci di autodeterminarsi e scollate da un processo vitale che ha perso il sentiero di ritorno al Se'.