Imparare a guardare le piccole cose. Tutto parte da qui e qui troverebbe il suo senso l'etica, nonché la sua applicazione. La democrazia forse sarebbe lo specchio dell'equità nel momento in cui le sfumature mettessero in risalto le differenze seppur minime, perché è nelle piccole cose che si rivela la grandezza del Principio Supremo.
Differenze e non appiattimento. Cura e amore per i dettagli e non insulti rivolti alla creatività geniale insita in tutte le cose. Perché se da un lato il livellamento è indotto da una logica esterna, la cura per le differenziazioni parte da dentro e dall'educazione dello sguardo. Insegnare a guardare per vedere, questo andrebbe fatto nelle scuole e proprio questo viene evitato perché ritenuto inutile o peggio, superfluo. Il superfluo è della mediocrità che stride con la ricerca e la tutela del senso profondo delle cose. Chi reclama l'appiattimento non coglie e lo notiamo trasferendoci sul piano della geopolitica a proposito degli immigrati che sbarcano. I nostri governanti vogliono inculcarci l'idea che siano diversi da noi, ma quelli che approdano sulle nostre coste sono lo specchio della nostra aberrazione e del diniego della loro identità.
Qui si ferma tutto l'apparato scenico a sostegno delle teorie immigrazionistiche che vorrebbero al centro l'uomo e la sua tutela per mezzo della salvaguardia delle identità. Proprio questo non è e resta il vuoto di chi guarda e ritiene sia la montagna di spavalda ipocrisia la realtà dei fatti.
La realtà invece è che il confronto col diverso non accade. Noi attraverso gli immigrati vestiti di jeans, scarpe da ginnastica e telefonino alla mano vediamo noi stessi e teniamo a salvaguardare questa identità generalizzata del non senso. Un tempo cerano i vu cumprà. Oggi costoro sono mosche bianche e la fantomatica pandemia c'entra poco o nulla con la loro sporadica presenza. La verità è che anche i veri Africani si vanno estinguendo al seguito di un Occidente che ha smarrito da tempo la sua identità. È triste ma a reggere sul piano delle diversità sono gli integralisti islamici ancorati al loro diritto divino di potersi oltraggiosamente imporre anche attraverso lo sguardo di chi rimane stordito dalle loro preghiere e prostrazioni nei luoghi più impensati, dal loro culto bizzarro per la negazione della forma. La diversità allora, quella che realmente tastiamo, è confinata all'orrore delle imposizioni che piovono dall'alto o da chi reclama lo scettro di comando, mentre gli altri sono tutti pecore nel bene e nel male, dal bigotto allo scalmanato del centro sociale. Tutto questo mentre la democrazia è una statua coperta e abbandonata da tempo nello scantinato di un museo. Nell'attesa che tramonti il caos, l'umanita' ancora aspetta di riconoscersi in qualcos'altro.