Stiamo perdendo il senso delle cose. Gli odori dell'inverno e i suoi silenzi. Non è libertà ciò che uccide il carattere delle cose e la vivida oscurità che le abbraccia. Siamo contenuti in bolle di atmosfere ciascuna legata a ciascun momento sospeso nel morbido fruscio del vento che se li porta via.
È dell'uomo rimpiangere quanto è tramontato e accettare significa colmare gli spazi infiniti del cuore che non aspettano altro che di arricchirsi.
Arricchirsi è altro da addobbarsi.
Finché la gente sarà ancora padrona di esprimere un gusto proprio, la battaglia contro l'insensatezza odierna non sarà ancora persa. Che ce ne facciamo di un mondo differente da ciò che era, piegato alla logica del nonsenso? Può avere un senso tenerci in bilico tra la primavera e l'inverno senza alcun rispetto per le stagioni? "Che mi metto oggi? È di nuovo inverno". Ma le stagioni sono il ritratto delle forme viventi che nascono, evolvono e poi diventano altro per ritornare a riessere nel ciclo della vita. Questo non è più e non riusciamo a dare alle cose il giusto tempo per incidersi sul lastricato del tempo e incidere la nostra coscienza di cose belle e brutte. Di emozioni come anche fatti.
Siamo fatti di odori, di visioni e di sapori che ci legano a un dato momento. Oggi non più. Abbiamo la possibilità di inventarci in qualcos'altro di continuo, ma quale senso potrebbe avere questa carica di libertà indotta, se non riusciamo ad essere?
Siamo figli del consumismo che divora il tempo e ci divora, perché di tempo è fatta ogni forma di vita. Per creare e dare forma a chi si è, si ha bisogno di tempo e questo ci viene tolto. Torna comodo allora nascondersi dietro maschere amorfe che ci fanno essere come gli altri senza sprecare un briciolo di quel tempo che ormai nessuno ha più. Bisogna soddisfare i mercati e le esigenze dei consumatori. Consumare senza digerire, perché digerendo si porta a maturazione la diversità.
Il tempo è sorriso ed emozione. Ma anche pensiero. Bruciamo senza ardere e così facendo ci sottraiamo all'amore che è scambio reciproco di tempo in cui si crea e ci si realizza anche nel silenzio che più nessuno ha voglia di offrire all'altro, incominciando da se stessi.