Il fuoco è la rappresentazione fisica che più associamo al sogno. È accensione e vaghezza. E come il sogno, lo distruggiamo solo consumandolo. Non ha forma e non è palpabile, per questo è la prova cruciale di diversi riti di passaggio. Per questo forse, dimostrazione inconfutabile della bravura di tanti artisti che si cimentano nella sua raffigurazione.
Non si può giocare col fuoco. Non si può giocare con la vita e con la morte. E nel momento in cui eleviamo alla massima potenza un'esperienza, le attribuiamo un valore che trascende la nostra possibilità, portandoci a conferirle la corona della sacralità.
Il fuoco è la vita che trascorrendo ci consolida e ci consuma. Consumandosi consuma anche noi. Eppure, è quanto non si estingue, superando in questo anche il fuoco stesso. Rimaniamo qui sbalzando nell'altrove, e restando diventiamo racconto e immagine per tanti o pochi, sogno solo per uno o due individui, forse per nessuno. Occorre essere completi, individui integri per sognare e fare del sogno la propria esperienza di vita ed è quanto oggi si mostra sempre più difficile.
Stiamo perdendo la capacità di sognare e di rispecchiarci l'uno nell'altro. Abbiamo perso il valore del viaggio, nonostante oggi più che in passato l'uomo sembri viverlo nella propria quotidianità e associarlo a più discorsi. Ma il punto è sempre questo, il nocciolo della questione: non può esserci viaggio senza sogno e il sogno è il luogo di ogni partenza che giace a riposo dell'anima.
È curioso come del viaggio le varie culture abbiano concepito per etimi diversi significati diversi, dando luogo a diverse fioriture in rapporto allo stesso riferimento. Partiamo dal nostro significato. "Viaggio": mi conduco, mi porto avanti lungo la via. "Via" appartiene al gruppo delle parole cruciali di tre lettere che abbiamo trattato nei precedenti articoli. Essa è l'impronta lasciata a ognuno di noi nel momento in cui sgusciamo dall'utero materno. La V è anche il richiamo alla libertà che cogliamo nella forma assunta dagli stormi di uccelli in volo. Via e Volo quindi si appartengono. La via è della nostra dimensione terrena fatta di solidità, che però ci porta costantemente in una sorta di rapporto dialettico a guardare e a realizzare noi stessi considerando l'impossibile.
È interessante il significato di viaggio espresso dall'inglese "travel" nel senso di problematico. Un viaggio fatto di varie stazioni e stanchevole. Questa parola inglese la ritroviamo nel nostro vocabolario in relazione a "travaglio". Alla sofferenza insostenibile di una madre che sta per dare alla luce il proprio figlio. Il dolore che segna il corpo visivamente mette in relazione quanto si compie all'interno della donna durante questa esperienza di sfinimento. Ogni viaggio assume significati profondi o meno, a seconda degli sforzi o delle rinunce che richiede e con le quali ci mette a confronto. L'importante è arrivare, portare a compimento l'obiettivo perché con esso noi rigeneriamo noi stessi. Capiamo alla luce di quanto detto, il peso dato alla responsabilità personale che ci accompagna durante il viaggio inteso secondo queste accezioni. Diventa un'esperienza di sfida con sé stessi, è un permettere di metterci in gioco che lo rende simile al lavoro che una persona sceglie e svolge.
Ragion per cui, "lavoro" in francese ha la stessa origine di "travaglio" e "travel". Ma da dove traggono ispirazione questi etimi?
L'origine è riposta nel "vaglio", antico strumento usato in agricoltura, con cui separare e filtrare il grano. Ancora oggi, passare al vaglio significa setacciare, così come operare una selezione che conduca all'approvazione anche in campo giuridico. Attraverso l'esperienza del viaggio noi scansioniamo noi stessi. Ci conosciamo attraverso le dure prove e gli imprevisti che siamo chiamati ad affrontare e con cui dobbiamo confrontarci. Di un viaggio non salviamo che i momenti salienti, così come le immagini che ci attraversano insieme alle esperienze di vita. Il resto lo lasciamo cadere.