Essere spogli e l'esperienza del deserto
Il sito "il Centro Tirreno.it" utilizza cookie tecnici o assimiliati e cookie di profilazione di terze parti in forma aggregata a scopi pubblicitari e per rendere più agevole la navigazione, garantire la fruizione dei servizi, se vuoi saperne di più leggi l'informativa estesa, se decidi di continuare la navigazione consideriamo che accetti il loro uso.

Essere spogli e l'esperienza del deserto

Amore e Psiche
Typography
  • Smaller Small Medium Big Bigger
  • Default Helvetica Segoe Georgia Times
Remedios Varo La Llamada (The Call) 1961
Remedios Varo La Llamada (The Call) 1961

 

Essere nudi è l'opposto di essere spogli. È combaciare con la propria integrità. È un valore morale prima che sensuale. Chi è nudo si ritrova in se stesso e in piena corrispondenza col proprio involucro. È l'evidenza della riconduzione all'uno, di contro alla via dispersiva del molteplice.

Il suo opposto è l'essere spogli. Chi è spoglio sente gravi mancanze in sé, profonde lacerazioni che lo portano a desiderare e a un impossibile appagamento.

Chi desidera è sempre spoglio, chi è nudo ha tutto pur non possedendo nulla, tranne se stesso che equivale al Cosmo intero.

Il Cosmo non è forse la proiezione di ogni singolo microcosmo?

L'espressione "Il re è nudo" smaschera ogni finzione. La Natura è nuda e mai spoglia, anche d'inverno, anche in primavera e in estate. I fiori e i frutti le appartengono, non sono aggiunte. Combaciano con l'ordine delle cose. L'essere umano invece è nudo quando prova amore, perché ha la capacità di mostrare se stesso ed è spoglio e triste in mancanza di esso. In questo caso la privazione va a coincidere con la solitudine e una condizione di prostrante avvilimento. Potremo stare fra tanti, al centro di una festa, ma senza la persona amata a fianco non potremmo che sentirci nel deserto, fuori posto.

L'umiltà è della persona nuda. Sta bene con se stessa e non ha bisogno di altro. È una foresta lussureggiante. Chi è spoglio incarna l'esperienza del deserto.

Anche la voce diviene sostanza e veste di luce chi ama. La voce dell'amato è il canale di individuazione che raggiunge il cuore dell'altro. Dio ci chiama attraverso la vocazione non solo sacerdotale. Ci chiama ogni giorno. La sua è la voce che grida nel deserto e ci colma e ci pervade cancellando ogni ombra di grigio. Noi la riconosciamo e ci riconosciamo figli Suoi. L'appartenenza è nella voce che ha i suoi familiari riverberi. Travalica le onde di spazio e tempo, è il filo che unisce noi stessi e noi stessi a chi amiamo e a sua volta ci riporta a sé.

Ippolita Sicoli
Author: Ippolita Sicoli
Responsabile del Supplemento di Cultura "La finestra sullo Spirito" del quotidiano online "ilCentroTirreno.it"
Docente della Federiciana Università Popolare, Specializzata in Discipline Esoteriche, Antropologia, Eziologia e Mitologia, ha partecipato in qualità di relatrice a convegni e conferenze. Ha pubblicato le seguenti opere: “Il canto di Yvion - Viaggio oltre il silenzio” prima edizione Wip Edizioni 2003, seconda edizione Ma.Per. Editrice 2014. Il romanzo “Storia di Ilaria e della sua stella” Edizioni Akroamatikos 2008. La raccolta di racconti per ragazzi “Storie di pecore e maghi” Ed. Albatros 2010. Il romanzo “Il solco nella pietra” Editore Mannarino 2012. Il saggio antropologico “Nel ventre della luce” Carratelli Editore 2014.

Ti potrebbero interessare anche:
home-2-ads-fsp-cca-001