Esiste una corrispondenza curiosa tra ciò che è sul nascere e ciò che è sul punto di concludersi e questo richiamo silenzioso ma tanto profondo lo avvertiamo all'incominciamento e sul finire dell'estate.
È l'ignoto che ci parla e pulsa dentro. L'ignoto che ci estrae da noi stessi imbrigliati nell'abitudine.
L'ignoto è il futuro che apparecchia tavole inbandite di cose nuove ed è di chi esce dall'alveo dell'abitudine.
Il principio dell'estate profuma di miele già alle prime ore del giorno. Tutto è fiori di luce.
La luce predomina ed esala un'eco prolungata che si conclude nella sera. La notte pare non esista e il cielo ha sempre quel sentore di magia annunciata e di un incantesimo che perdura trionfando sul tempo.
È il confine tra maggio e giugno. Un confine labile e mai netto di tenda setosa, adagiata sui giorni. La fine di agosto invece, è sonnolenta e le ore pare si ritirino in un bagno d'argento. Le stelle tornano a splendere nel buio che le ha a noi donate, nell'Universo generate mantenendo la loro leggera vastità.
Il cerchio è l'abbraccio dell'Universo.
Amarlo è assecondare i suoi sbalzi, dune e pianure che pure si stendono tra gli attimi della nostra vita, dando senso a tutto. Non è nelle pianure placide e lussureggianti che incontriamo la vita, ma durante gli accidentati percorsi che mettono a dura prova noi stessi. Nell'altalenanza levigata di bianco tra il miele e l'argento.