È straordinario come la Natura si diverta non solo nella molteplicità del dissimile ma anche nel fomentare percezioni e deduzioni diverse partendo dal simile. E così, la forma di un carciofo può ricordare quella di una rosa, porgendo però effetti diversi che si ripercuotono su utilizzo e finalità.
La persona e non l'individuo interpreta e così si rende soggetto creativo, non solo pensante.
È forse il nostro scopo qui sulla terra guardare per imparare a vedere e così costruire le basi di un'etica funzionale e sincera. Le immagini ci aiutano e sono emblematiche per chi non si limita al solo guardare. Le immagini vanno colte e ripresentate dal profondo, quindi raccontate. Prendiamo l'immagine simbolo della croce. La ritroviamo nel sole come anche negli uccelli dalle ali spiegate. Gli angeli sono croci che svolazzano intorno a noi e ci vegliano. La croce è nel Crocifisso che apre a una nuova vita. È l'alba del sepolcro aperto.
Su questo si sviluppa una nuova concezione della morte intesa come cancello spalancato su una libertà assoluta. La morte è alba e giorno e l'anglico "to die" ce lo rivela. Questo verbo deriva difatti dalla radice sanscrita "dy" che significa "splendente". Per i pagani celti legati ai misteri della Natura e delle dimensioni superiori ("Celta" proverrebbe difatti dalla stessa radice di "cielo") la Natura ci insegna a vedere e a riportarci alla dimensione del cielo che la finalità di ogni percorso iniziatico sciamanico di matrice nordica, siberiana nello specifico.
Con la morte respiriamo la vera vita, ma dobbiamo prepararci a questo traguardo in modo sano e consapevole imparando a considerare le forme circostanti immagini parlanti che ci consentono di entrare nella forma stessa e di andare oltre la fisicità in cui di esprime anche la Natura.