Non può esserci dignità della persona senza identità. L'identità apre a una visione nitida e pertanto critica di se stessi, in quanto là dove c'è trasparenza e limpidezza, è possibile applicare una trasformazione costruttiva. Occorre vedersi dentro per acquisire quella forma di rispetto verso se stessi utile a intraprendere legami relazionali convinti e duraturi, non solo sul fronte delle esperienze private.
L'identità nasce sulla base di una visione unitaria e organica della propria interiorità che, grazie alla luce più intima, la più forte perchè non abbagliante, possiamo cogliere.
La parola "identità" ha la stessa radice etimologica di "vedere". "Id" che ritroviamo in "idem" e "identico" parte dal presupposto che la vera vista non si attiva al di fuori ma all'interno di se stessi e che pertanto il mondo non è che un riflesso di chi siamo. Anticamente non c'erano gli specchi e il lago era la superficie che rimandava indietro la propria visione per gli antichi illustrativa della propria interiorita. Ciò si è tramandato fino a noi attraverso la cultura popolare corredata di laghi e stagni, in cui ritroviamo traccia del mito di Narciso. Occorre l'amore per uscire dalle gabbie di se stessi, come ci suggerisce il mito, e proprio l'amore è alla base della trama di rapporti nel mondo.
Se il due è dato dall'Uno che riflettendosi genera l'altro, il tre è espletamento del legame d'amore che funge da collante nelle antiche Triadi. È interessante il meccanismo di fondo che onora e altresì separa le triadi maschili da quelle femminili. Nelle triadi maschili l'amore è essenzialmente quello sessuale attraverso il quale si attua l'enunciazione del singolo e la determinazione del figlio. In quelle femminili è l'origine che si duplica e triplica dando luogo al molteplice che si afferma per altre vie rispetto alla Triade maschile. Nella Triade femminile è forte il legame con la cultura del raccolto secondo cui la pianta nel tempo si evolve e si trasforma, finendo col regnare nel tempo, attraverso la primordialità della Natura osservata e quindi dedotta. La deduzione parte da una visione totalizzante del Femminile, in quanto contenente il Tutto affermatosi anche come probabilità di essere (vi ricordo in merito, l'evoluzione intrinseca al verbo greco Gignomai e alla radice Gn).
La cultura del raccolto si esprime nella Triade femminile che viene espressa artisticamente in più modi e sempre salvaguardando il concetto di grazia che, seppur in chiave condizionatamente religiosa, viene ripreso dal Medioevo e da quì tramandato al Rinascimento in cui la donna acquista un suo affrancamento dalla natura primigenia imperitura, divenendo punto di forza della ricerca umanistica in chiave sociale. Il concetto di sacro nel Medioevo è molto forte e non deriva solo dalla diffusione e poi affermazione del Cristianesimo, ma anche da quei retaggi pagani animati da una fervente e propria religiosità che discende dalla Cristianizzazione delle aree d'Oltralpe franche e celtiche. La grazia è insita nella Natura che si veste di Bellezza, in quanto devota al principio assoluto che la anima e da cui il mondo primigenio e archetipico deriva. Gli archetipi stessi vengono concepiti nella notte dell'inconscio e sono le stelle che splendono spronando alla conoscenza. La cometa è la stella che splende più delle altre e che porterà i sapienti, i Magi, a orientarsi sulla Stella che viene al mondo, divenendo la stella Polare di riferimento nel mondo. Con Gesù si attua la rifondazione dell'Uomo sulla terra. Egli è di fatto il figlio dell'Uomo, il principio degli archetipi dell'essere astrale che si incarnano nell'uomo, infondendo il germe della vita eterna. Gesù nelle sue parabole utilizza spesso termini derivanti dalla cultura rurale, pur essendo i suoi territori più adatti alla pastorizia. Egli si pone come il rifondatore di ogni primordialità. È di fatto il nuovo Adamo a cui le donne s'inchinano come devote ancelle, mai come serve. Da qui la tradizione dell'amore tra Gesù e la Maddalena, che la Chiesa apostolica nega ma che nessun documento di fatto esclude.